Chiamati a testimoniare la speranza

Adorazione eucaristica

Guida Il deserto del mondo ha bisogno di speranza, la solitudine dell’uomo ha bisogno di amore, la povertà dell’umanità ha bisogno di santità: per questo vogliamo unirci attorno all’Eucaristia, il Divino tra noi, per impetrare il dono di questa utopia possibile!

Canto di inizio e di esposizione eucaristica

Insieme Signore, ti adoro e ti lodo.

Guida Sto contemplando il primato del tuo amore, che ti ha messo giù nella specie del pane, in memoria vivente della tua passione e morte.

Insieme Signore, nutrici col tuo pane.

Guida Nutrici con quelle cose che danno senso alla nostra vita. (Carlo Maria Martini)

Silenzio di adorazione e canto

I lett Dal Vangelo secondo Giovanni (2, 1-9)

II lett Le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia, in ognuno di noi e nei nostri sforzi perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, in amori fecondi, in amori gioiosi. Facciamo spazio a Maria, “la madre”, come afferma l’Evangelista.

Maria è attenta, è attenta in quelle nozze già iniziate, è sollecita verso le necessità degli sposi.… E perché sta attenta, con la sua discrezione, si rende conto che manca il vino. Il vino è segno di gioia, di amore, di abbondanza.

Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c’è più di quel vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l’amore se n’è andato, quando l’amore è colato via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell’amore quotidiano dei loro figli, dei loro nipoti, pronipoti! La mancanza di quel vino può essere anche la conseguenza della mancanza di lavoro, delle malattie, delle situazioni problematiche che le nostre famiglie in tutto il mondo attraversano… Maria però, in quel momento in cui si accorge che manca il vino, si rivolge con fiducia a Gesù. Questo significa che Maria prega… La sua premura per le necessità degli altri anticipa “l’ora” di Dio… Ella ci insegna a porre le nostre famiglie nelle mani di Dio; ci insegna a pregare, alimentando la speranza che ci indica che le nostre preoccupazioni sono anche preoccupazioni di Dio. (Papa Francesco, Omelia Messa per le famiglie, 16 luglio 2015)

Accompagnati nel silenzio…

Testimonianza di una coppia di sposi che con i figli vive il Vangelo nella quotidianità: Stefano e Lorena Girardi

Lorena: Una delle letture al nostro matrimonio era la parola di San Paolo che invita ad essere “sottomessi l’uno all’altra nel timore di Cristo”(Ef 5, 21): il sacramento del matrimonio come scelta prima della nostra vita quotidiana. E poi amare l’altro come Cristo ama la Chiesa… com’è difficile… Amare l’altro in quei momenti in cui non corrisponde più al nostro ideale, oppure quando nelle difficoltà avverti che lui si allontana da te. Amare lo sposo più di ogni altra cosa, più delle tendenze mediatiche del momento, più della tecnologia, più del lavoro, più dei figli, più della macchina nuova, più delle amicizie, più del conto corrente, più dello shopping, più del calcio…

Stefano: Siamo molto diversi nelle cose spicciole, abbiamo idee diverse sui ritmi quotidiani e questo genera conflitti, incomprensioni che minano i nostri fragili “vasi di creta” che custodiscono quel tesoro grande che è il nostro Amore. Ma il Vasaio non manca nel suo lavoro di manutenzione… Affidare al Signore queste nostre fragilità è sempre stata una forza immensa, una speranza che ci fa guardare oltre alle incomprensioni, alle parole dette male, agli scontri, provando a ripetere ogni giorno permesso, grazie, scusa.

Lorena: Anche se i ritmi intensi della nostra quotidianità non lasciano molto tempo ad un dialogo rilassato con il Signore, abbiamo imparato che ci sono momenti della giornata in cui poterlo continuare, spesso in macchina mentre si va al lavoro, mentre si è in qualche fila e si aspetta il proprio turno, quando si passa davanti ad una chiesa e perché no anche durante una gita, magari sulla cima di una montagna raggiunta con fatica.

Stefano: Per noi è stato ed è importante ogni tanto, fuggire in coppia, anche per un paio d’ore, da tutti i nostri impegni e regalarci del tempo esclusivo per noi due, per prenderci cura della nostra intimità e guardare la vita con gli occhi dell’altro, da un’altra prospettiva che ci fa allargare gli orizzonti. Più il tempo passa, più questo regalarsi “il vino nuovo” entra nella concretezza del nostro vivere e ci fa diventare un uomo migliore, una donna migliore, una diversità che si fa ricchezza di umanità. Una umanità di coppia che è più forte del singolo e che ci aiuta a navigare nei momenti difficili, quando il mutuo della casa ci pesa addosso, o quando i nostri figli faticano a trovare lavori stabili che consentano loro quella indipendenza economica che ai nostri tempi era quasi scontata. In queste situazioni è difficile trovare spiegazioni per convincerli a non mollare e dare loro speranza.

Guida Le famiglie hanno bisogno di preghiera, hanno bisogno di speranza. Adesso la voce delle coppie presenti s’innalzerà per chiedere a Dio tutto questo, sostenuti dal silenzio del resto dell’assemblea.

Donne Padre,

donaci di saper vivere la fecondità del tuo amore donativo, la fraternità verso tutti i tuoi figli.

Uomini Signore Gesù,

che la nostra famiglia sia sempre immagine viva del tuo amore infinito e immolativo verso la Chiesa, tua sposa, e diventi modello per tutti della comune chiamata alla perfezione e alla santità.

Donne Spirito divino,

concedici fuoco d’amore, forza nelle difficoltà, generosa donazione ai fratelli.

Uomini O Trinità divina, donaci figli sani, donaci figli santi.

Insieme A te doniamo questa nostra famiglia. Rendila tabernacolo d’amore.

(Servo di Dio Guglielmo Giaquinta)

Canto

I lett Dal Vangelo secondo Matteo (9, 9-13)

II lett Cosa è intervenuto nell’esistenza di Matteo? Che cosa interviene, può intervenire nell’esistenza di un uomo per sospingerlo a cambiare tutta la sua impostazione di vita e farlo immergere nell’avventura dell’ignoto? Quale forza misteriosa agisce quando un uomo o una donna consegnano totalmente la speranza della propria vita a quella coinvolgente e ‘dolente’ Luce che si chiama Dio?…

Un cambiamento di vita non è mai il risultato di un puro caso. Quando accade è perché c’è già un breccia: come la breccia aperta in una diga, che ha represso, per molto tempo, il desiderio intenso delle acque di fuoriuscire.

Così il nostro desiderio. Come quella vena d’acqua, nascosta in profondità, sotto terra, che magari da secoli attende di essere scoperta, per scorrere all’esterno, in un rivolo sempre più intenso, gioioso… È l’amore che crea e ricrea.

L’inizio di ogni vita. Di ogni chiamata. Di ogni storia. Di ogni conversione. È la scarcerazione di un desiderio segreto, perché l’uomo è fatto per questo incontro, anche se e anche quando, come Matteo, lo ritiene forse impossibile. (F. Cacucci)

Silenzio

Accompagnati nel silenzio…

Madeleine Delbrêl (1904-1964)

Il secolo XX, appena trascorso, si aprì con uno slogan molto triste: «Dio è morto», aveva lasciato detto Nietzsche, credendo di annunciare la nascita di un uomo finalmente «superiore». Ma, già nei primi vent’anni, due terribili sventure (la prima guerra mondiale che provocò nove milioni di morti e un’epidemia che ne uccise altri ventidue milioni) mostravano che era l’uomo che continuava a morire, e spesso in maniera assurda. Nel 1921 Madeleine Delbrêl ha diciassette anni, e scrive un tema di un impressionante radicalismo che inizia così: «Dio è morto. Ma, se ciò è vero, bisogna avere la lucidità di non vivere più come se Dio esistesse ancora». La ragazza è spietata: se Dio è morto, allora a dominare è la morte e bisogna prenderne atto coraggiosamente. Scrive: «Io sono stupita dalla generale mancanza di buon senso». Per Madeleine insomma le uniche persone serie sono gli artigiani e gli artisti, che fanno cose che durano come le sedie, i quadri, le poesie… Poi ci sono quelli «che ammazzano il tempo, aspettando che il tempo ammazzi loro…».

«Io sono una di queste…», conclude. […] S’intuisce una sconfinata voglia di vivere e una inesauribile voglia di amare, ma in un cuore che ha imparato di non dover attendere nulla, di non aver nemmeno il diritto di dire «addio!», dato che la parola contiene già quel Nome di un morto («Dio!») che ha trascinato via tutto con sé. […]

A diciotto anni s’innamora: lui, Jean, è alto, sportivo, serio, pieno di interessi, intellettualmente e politicamente impegnato ed evidentemente dotato di una profonda vita spirituale. Fanno coppia fissa e tutti dicono che sembrano nati l’uno per l’altra… Improvvisamente il ragazzo scompare: sconvolta, Madeleine viene a sapere che Jean è entrato nel noviziato dei domenicani, ed è una separazione assoluta. Non capisce. Il suo anticlericalismo si riaccende violento, e per di più anche in famiglia la sofferenza dilaga. […] Il problema della fede si pone, ma non perché ella sia in cerca di conforto. Scrive: «Cento mondi, ancora più disperati di quello in cui vivevo, non mi avrebbero fatto vacillare, se mi avessero proposto la fede come consolazione». A perseguitarla è, invece, il ricordo della bella umanità di Jean e di altri amici conosciuti in quel periodo felice: «Mi era accaduto l’incontro con parecchi cristiani né più vecchi, né più stupidi, né più idealisti di me, che vivevano la mia stessa vita, discutevano quanto me, danzavano quanto me. Anzi, avevano al loro attivo alcune superiorità: lavoravano più di me, avevano una formazione scientifica e tecnica che io non avevo, convinzioni politiche che io non avevo… Parlavano di tutto, ma anche di Dio che pareva essere a loro indispensabile come l’aria. Erano a loro agio con tutti, ma – con una impertinenza che arrivava fino a scusarsene – mescolavano in tutte le discussioni, nei progetti e nei ricordi, parole, idee, messe a punto di Gesù Cristo. Cristo avrebbero potuto invitarlo a sedersi, non sarebbe sembrato più vivo…». E tra tutti quei cristiani che l’hanno costretta a pensare, un posto di rilievo l’ha certamente quel Jean che ha considerato Dio talmente reale da lasciare lei. La ragazza diciassettenne che aveva formulato in maniera durissima e consequenziale il suo ateismo è ora una ventenne costretta a compiere un percorso inaspettato. Prima guardava il mondo convinta che tutto dimostrasse la non esistenza di Dio e, se si faceva qualche domanda, essa suonava così: «Come si conferma l’inesistenza di Dio?»; ora la domanda diventa: «Dio potrebbe forse esistere?». Ma capisce di conseguenza che, se cambia la domanda, deve cambiare anche il suo atteggiamento interiore. Ricorda allora che «in occasione di un baccano qualsiasi, era stata ricordata Teresa d’Avila che consigliava di pensare in silenzio a Dio cinque minuti ogni giorno». Ed ecco la conclusione: «Scelsi quel che mi sembrava tradurre meglio il mio cambiamento di prospettiva: decisi di pregare!». Un simile racconto di conversione tocca delle notevoli profondità pedagogiche. Madeleine non prega perché si è convertita, prega perché quello è l’unico atteggiamento possibile ed onesto, una volta accettata l’ipotesi che Dio potrebbe esistere. Il suo non è il risultato di una convinzione acquisita (e quindi, in qualche modo, necessitato), ma il regalo anticipato a un Dio che, se esiste, è Tutto.

(Antonio Maria Sicari)

Guida Nel deserto dei valori, nel deserto di punti di riferimento i giovani hanno sete di speranza; ci uniamo, silenziosamente, alla loro preghiera che si innalza alla Stella Polare, Gesù Eucaristia.

Sol O Signore, dammi il desiderio crescente di pregare.

Giovani Mi rimane così difficile darti generosamente del mio tempo.

Sol Sono ancora avido di tempo: tempo per essere utile, per essere efficiente, per avere successo, per agire, eccellere, produrre.

Giovani Ma tu, o Signore, non chiedi altro che la mia semplice presenza, l’umile riconoscimento della mia nudità, l’indifesa confessione dei miei peccati, affinché tu possa far sì che i raggi del tuo amore penetrino nel mio cuore e mi diano la profonda consapevolezza che posso amare perché tu mi hai amato per primo.

Sol che posso offrire accoglienza perché tu mi hai accolto per primo,

Giovani che posso fare il bene perché tu mi hai mostrato per primo la tua bontà.

Sol Che cosa mi trattiene? Che cosa mi rende così esitante e avaro, così prudente e calcolatore? Voglio forse ancora costruirmi una specie di riserva nel caso che tu non possa raggiungermi?

Giovani Ti prego, Signore, aiutami a rinunciare a questi giochi immaturi e fa’ che possa amarti gratuitamente, con baldanza, con coraggio e con generosità. Amen (Nouwen)

Canto

I lett Dal Vangelo secondo Giovanni (21, 15-17)

II lett La prima grande fonte-chiamata di unità è la vocazione all’amore del Padre: tutta l’umanità è chiamata all’amore verso il Padre, alla santità o, quanto meno, alla salvezza. La seconda chiamata è all’unione con Cristo nel battesimo: tutti gli uomini sono chiamati al battesimo, nella unità della Chiesa di Cristo. […] La terza chiamata, ancora più specifica, è a Pietro, alla Chiesa.[…] Quarta chiamata di unità è quella della visione beatifica, quando una volta inseriti nel mistero del Corpo mistico e consumata la realtà del tempo entreremo nella eternità giungendo alla piena unità tra noi. (Servo di Dio Guglielmo Giaquinta)

Silenzio

Accompagnati nel silenzio…

Lumen Gentium n. 8

Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica e che il Salvatore nostro, dopo la sua resurrezione, diede da pascere a Pietro (cfr. Gv 21, 17), affidandone a lui e agli altri apostoli la diffusione e la guida (cfr. Mt 28, 18ss), e costituì per sempre colonna e sostegno della verità (cfr. 1Tm 3, 15). Questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui, ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica. Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo «che era di condizione divina… spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo» (Fil 2, 6-7) e per noi «da ricco che era si fece povero» (2Cor 8, 9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione.

Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre «ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito» (Lc 4, 18), «a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19, 10), così pure la Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo. Ma mentre Cristo, «santo, innocente, immacolato» (Eb 7, 26), non conobbe il peccato (cfr. 2Cor 5, 21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2, 17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr. 1Cor 11, 26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce.

Intervento del sacerdote

Canto

Guida: preghiamo insieme la Preghiera per la Santificazione Universale del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta

Gesù, divino modello di santità, che con l’esempio tuo, prima ancora che con la parola, ci hai indicato, quale meta, la perfezione del Padre, qui raccolti ai Tuoi piedi noi vogliamo oggi rimeditare il tuo invito all’amore e il nostro dovere di corrispondervi.

E che altro se non amore fu la tua vita, dalla povertà della grotta alla nudità della Croce?

Ma tutto questo sopportasti, Signore, affinché noi comprendessimo cosa significhi amore e ricordassimo insieme che in esso sta l’essenza della perfezione.

E numerose volte a questa umanità smarrita hai ripetuto che solo in te è pace vera. Tu solo infatti sei fonte viva di acqua divina, che disseta e consola, fino a diventare in noi fonte che zampilla alla vita eterna.

Che noi l’abbiamo con abbondanza questa acqua, è il tuo desiderio più vivo, fino al punto da soffrire sulla croce una sete martoriante. E lo facesti in espiazione di tanti che pensano potersi dissetare all’acqua del peccato o che amano contentarsi di poche gocce di quell’acqua che tu hai invece preparato larghissima per le anime nostre.

Signore, in questo giorno sacro al ricordo della nostra vocazione alla santità, noi non possiamo passare indifferenti accanto a te che ci inviti alla perfezione e ad attingere con abbondanza alle fonti della grazia.

Ci costa fatica, lo confessiamo, il correggere i nostri passi inclini alla mediocrità e seguire le orme del tuo eroismo fino a tendere alla perfezione del Padre, ma se questo fu l’impegno primo del nostro Battesimo noi non possiamo né vogliamo tradirlo.

Rinunciare a Satana, vivere la tua grazia, tendere con tutte le nostre forze verso la santità: ecco il tuo desiderio ed è anche la nostra promessa che oggi di cuore ti rinnoviamo.

E Tu, Vergine Immacolata, vivo modello di ogni santità, dona a noi e a tutti i figli tuoi ferma fiducia e volontà costante di diventare santi. E cosi sia. Guglielmo Giaquinta

Benedizione eucaristica e canto di reposizione

O Cuore immacolato di Maria, vivo modello di ogni santità, dona tu la fiducia di diventare santi.

Sussidio preparato da Stefania Castelli

 


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