La Chiesa area di santità (La santità, 55-66)

Nella sua riflessione sulla santità, il Servo di Dio ritiene fondamentale evidenziare la dimensione ecclesiale della santità. Si tratta ...





Il brano proposto in questo mese di maggio 2019 è tratto dal testo “La santità”, che contiene le meditazioni dettate dal Servo di Dio Guglielmo Giaquinta negli Esercizi Spirituali del 1977.


Nella sua riflessione sulla santità, il Servo di Dio ritiene fondamentale evidenziare la dimensione ecclesiale della santità. Si tratta di una sottolineatura fortemente teologica e spirituale: “la Chiesa è Cristo vivente nei secoli” e da questo legame deriva la possibilità di trovare in essa i mezzi spirituali necessari per il cammino di santità da percorrere. La Chiesa custodisce il tesoro prezioso delle ricchezze di grazia che Cristo ha riversato in essa: Parola di Dio, sacramenti, grazia… ricchezze alle quali tutti gli uomini possono attingere.

La «cascata» di amore, che parte dal Padre arriva all’umanità attraverso Cristo, gli Apostoli, la Chiesa, il popolo di Dio, e poi ritorna al Padre attraverso la Chiesa. Viene da chiedersi perché occorra la mediazione della Chiesa e perché non si possa arrivare direttamente a Cristo e, attraverso Cristo, al Padre.
La Chiesa è Cristo vivente nei tempi. Nella Chiesa Cristo ha deposto tutte le ricchezze del suo cuore, per cui tali ricchezze o non si trovano fuori della Chiesa, o vi si trovano in forma assai ridotta. La Chiesa potrebbe essere chiamata il grande serbatoio dell’amore di Cristo, lo scrigno del suo cuore, in cui sono questi tesori di sapienza e di scienza che costituiscono i mezzi per la santità e quindi la santità stessa, cioè la pienezza dell’amore. È proprio grazie a questi mezzi che nella Chiesa è possibile raggiungere la santità con maggiore facilità che non fuori. Molti si chiedono perché entrare in una Chiesa che impone tanti gravami, in cui c’è una morale tanto rigida, in cui c’è una impostazione giuridica e gerarchica quasi ferrea, e perché invece non restare nella propria libertà, nel proprio senso religioso, pur nella aderenza a Cristo ma al di fuori della Chiesa.
Cristo ha affidato alla sua Chiesa i suoi mezzi di santità ed è solo attraverso questi che realmente è possibile raggiungere la vetta dell’amore.
C’è però da precisare che cosa si intende per mezzi di santità. Prima di tutto la Rivelazione: Dio si è rivelato a noi in Cristo e, in conseguenza, Cristo ci rivela il Padre quindi l’esempio di Gesù, il suo insegnamento con il Vangelo e tutta la Scrittura che ci permettono di conoscere il pensiero di Dio e di comprendere quello che Paolo ci dice nella lettera agli Ebrei: Nei tempi passati Dio parlò molte volte e in molti modi ai nostri padri, per mezzo dei profeti. Ora invece, in questi tempi che sono gli ultimi, ha parlato a noi, per mezzo del Figlio (Eb 1, 1)
Per troppo tempo si è trascurata la lettura del Vecchio Testamento e, limitandosi alla conoscenza del Nuovo Testamento, si è ascoltato solo l’ultima parte del dialogo di Dio con l’umanità.
Nasce quindi spontanea una revisione circa la personale conoscenza della Scrittura: amiamo noi la Scrittura? La approfondiamo? Quale parte essa ha nella nostra vita?
Non va dimenticato che la Scrittura ha una forza sacramentale nel senso che la Parola di Dio, già in se stessa, è operativa nell’anima, è, cioè, portatrice di grazia. Quel Vangelo che noi proclamiamo e quelle letture che noi facciamo durante la Messa, quei Salmi che recitiamo durante la liturgia delle ore, sono realtà cariche di grazia, portano grazia all’anima a condizione che questa sia disponibile alla grazia stessa, alla sua luce, e agli impulsi interiori, i quali a volte possono essere intuizioni, a volte mozioni di dolcezza, ma sempre sono grazie attuali che arrivano a noi attraverso la Scrittura.
Altro mezzo è Cristo, la sua vita, la meditazione e l’approfondimento delle sue singole virtù, il fermarsi con uno sguardo dolce, sereno, abbandonato nella esperienza di Lui, e del Padre. Un primo strumento dunque di santità che noi dobbiamo cercare di usare è l’esperienza della Rivelazione, della Scrittura (in modo particolare del Nuovo Testamento), di Cristo, del Padre.
Secondo elemento che troviamo nella Chiesa è la grazia.
Che cos’è la grazia? Non è facile darne una definizione perché rientra nei misteri di Dio. Una cosa però è certa: si tratta di una realtà soprannaturale, creata dall’amore di Dio, che mi è stata guadagnata dal sangue di Cristo, che mi viene data dallo Spirito Santo; è un dono che quando viene a contatto con la mia anima la trasforma.
La grazia ci rende da figli dell’ira figli del perdono e dell’amore. Eravamo figli di Satana (dice Agostino), diventiamo figli di Dio. I testi parlano di una figliolanza adottiva, che non è una adozione giuridica (ed ecco perché non sappiamo dire che cos’è la grazia), ma una realtà che trasforma e rende ciascuno simile ad un figlio naturale. È chiaro che io non divento figlio naturale di Dio perché il Padre ha un solo figlio naturale, il Verbo eterno generato dalla eternità, ma la grazia, che è come un bagno in cui vengo immerso (il bagno del sangue di Cristo) nel battesimo crea in me un nuovo uomo eliminando il vecchio. Io divento figlio di Dio, di una figliolanza, che viene chiamata adottiva, ma invece non è tale perché è reale, perché in me c’è la partecipazione, l’assimilazione, la trasformazione in Cristo figlio naturale di Dio. Divento figlio del Padre, fratello del Cristo, erede di Dio, coerede con Cristo e quindi acquisto il diritto di rivolgermi a Dio, in qualche modo come Cristo, e chiamarlo Abbà, dolce padre. Ecco cosa è la grazia: una realtà creata che nasce dal cuore di Dio, che il Padre dona appunto perché il Cristo ce l’ha guadagnata morendo sulla croce e che lo Spirito Santo dà concretamente alle nostre anime per trasformarci in Cristo. Per questo parliamo di grazia santificante perché essa santifica, cioè esclusivizza al Santo di Dio, fa diventare qualche cosa di simile a Lui, distaccati dal male e dal peccato, e dà quindi la santità morale.
Grazia santificante che, evidentemente, ha una possibilità di crescita, ed è in questo che la adozione si distingue alla figliolanza naturale. Cristo è figlio naturale, noi siamo figli acquisiti, con una acquisizione non giuridica ma spirituale, misteriosa. Mentre la figliolanza naturale del Verbo eterno non può crescere, la nostra invece può farlo. La grazia allora è una realtà misteriosa per cui gradualmente diventiamo sempre più figli, sempre più santi, sempre più vicini al Padre, sempre più trasformati in Cristo. È quanto avviene attraverso la vita sacramentale.
I sacramenti sono fonti di grazie particolari e non più semplicemente della grazia santificante, come avviene nel caso in cui questa avessimo perduta.
Ogni sacramento dà una configurazione ad un diverso specifico aspetto di Cristo, attraverso le grazie necessarie e gli aiuti che il sacramento stesso ha in sé e che fanno riferimento ad una specifica conformazione a Cristo. Il battesimo, per esempio, ci configura a Cristo in quanto figlio e noi nel battesimo rinasciamo come figli. Contemporaneamente abbiamo l’esigenza degli aiuti necessari per vivere da figli per cui il battesimo non si esaurisce nel momento in cui esso viene ricevuto, ma è una realtà attuale, una sorgente attuale di grazie perché fa acquisire il diritto agli aiuti per essere figlio di Dio per tutta la vita (ed è così che la santità può crescere).
Questo stesso concetto è valido per tutti i sacramenti, ma in particolar modo per i sacramenti che danno il carattere: la cresima, per esempio, che è il sacramento che ci conforma alla pienezza di Cristo, ci dà la forza per affrontare le situazioni di difficoltà e ci rende perfetti cristiani, perché capaci di fare le scelte della vita.
Il magistero della Chiesa è un altro «mezzo di santità» perché chi di noi può avere tanta fiducia in se stesso da essere certo della verità o dell’errore, quando ci accorgiamo di quali cambiamenti noi stessi con gli anni siamo suscettibili e di quanta profonda ignoranza c’è in materia di fede attorno a noi, quante lacune veramente spaventose? Come facciamo ad avventurarci nel grande mare del pensiero di Dio, della conoscenza esatta della rivelazione quando vediamo che lungo i secoli tante persone intelligentissime, quasi dei geni, hanno fatto naufragio? Di qui il senso di umiltà con cui dobbiamo metterci dinanzi al magistero della Chiesa.
a cura di Cristina Parasiliti


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