Salutare inquietudine


È forse di un qualche auspicio riportare, all’inizio dell’anno, le parole che il Papa ha voluto indirizzare alla comunità scientifica in una recente riunione della Pontificia Accademia delle Scienze. Siamo apparentemente su un terreno lontano da quello nostro proprio, l’apostolato della santità. Secondo il Papa, “la bella sicurezza della torre d’avorio dei primi tempi moderni ha lasciato il posto, in molti, a una salutare inquietudine, per cui lo scienziato di oggi si apre più facilmente ai valori religiosi e intravede, al di là delle acquisizioni della scienza, la ricchezza del mondo spirituale dei popoli e la luce della trascendenza divina”.
Questa “salutare inquietudine”, pensiamo, è la via degli scienziati alla santità. E forse, non solo di essi.

Il mondo della scienza, che in passato ha assunto posizioni di autonomia e di autosufficienza, con atteggiamenti di sfiducia nei confronti dei valori spirituali e religiosi, oggi invece sembra aver preso maggiore coscienza della sempre più complessa realtà del mondo e dell’essere umano. Sono subentrati una certa insicurezza e qualche timore di fronte alla possibile evoluzione di una scienza e di una tecnologia che, se abbandonate senza controllo a se stesse, possono voltare le spalle al bene delle persone e dei popoli. È vero, la scienza e la tecnologia influiscono sulla società, ma anche i popoli con i loro valori e i loro costumi influenzano a loro volta la scienza. Spesso la direzione e l’enfasi che vengono date ad alcuni sviluppi della ricerca scientifica sono influenzate da opinioni ampiamente condivise e dal desiderio di felicità insito nella natura umana. Tuttavia, abbiamo bisogno di maggiore attenzione ai valori e ai beni fondamentali che sono alla base della relazione tra popoli, società e scienza. Tale relazione richiede un ripensamento, in ordine a promuovere il progresso integrale di ciascun essere umano e del bene comune. Dialogo aperto e attento discernimento sono indispensabili, specialmente quando la scienza diventa più complessa e l’orizzonte che essa dischiude fa emergere sfide decisive per il futuro dell’umanità. Oggi, infatti, sia l’evoluzione sociale sia i cambiamenti scientifici avvengono sempre più rapidamente e si rincorrono. È importante che la Pontificia Accademia delle Scienze consideri come questi cambiamenti tra loro interconnessi richiedano un impegno saggio e responsabile da parte di tutta la comunità scientifica. La bella sicurezza della torre d’avorio dei primi tempi moderni ha lasciato il posto, in molti, a una salutare inquietudine, per cui lo scienziato di oggi si apre più facilmente ai valori religiosi e intravede, al di là delle acquisizioni della scienza, la ricchezza del mondo spirituale dei popoli e la luce della trascendenza divina. La comunità scientifica è parte della società e non deve considerarsi come separata e indipendente, anzi, essa è chiamata a servire la famiglia umana e il suo sviluppo integrale.
I possibili frutti di questa missione di servizio sono innumerevoli; in questa sede vorrei fare qualche breve cenno. Anzitutto c’è l’immensa crisi dei cambiamenti climatici in atto e la minaccia nucleare. Sulla scia dei miei predecessori, ribadisco la fondamentale importanza di impegnarsi a favore di un mondo senza armi nucleari, e chiedo – come fecero San Paolo VI e San Giovanni Paolo II – agli scienziati l’attiva collaborazione al fine di convincere i governanti della inaccettabilità etica di tale armamento a causa dei danni irreparabili che esso causa all’umanità e al pianeta. Pertanto ribadisco altresì la necessità di un disarmo di cui oggi sembra non si parli più a quei tavoli intorno ai quali si prendono le grandi decisioni. Che anch’io possa ringraziare Dio, come fece San Giovanni Paolo II nel suo testamento, perché nel mio pontificato è stata risparmiata al mondo la tragedia immane di una guerra atomica.
I cambiamenti globali sono sempre più influenzati dalle azioni umane. Perciò sono necessarie anche risposte adeguate per la salvaguardia della salute del pianeta e delle popolazioni, una salute messa a rischio da tutte quelle attività umane che usano combustibile fossile e deforestano il pianeta (Lett. enc. Laudato si’, 23). La comunità scientifica, così come ha fatto progressi nell’identificare questi rischi, è ora chiamata a prospettare valide soluzioni e a convincere le società e i loro leader a perseguirle.
So che, in tale prospettiva, nelle vostre sedute individuate le conoscenze che emergono dalla scienza di base e siete abituati a collegarle con visioni strategiche che tendano a studiare a fondo i problemi. È vostra vocazione individuare gli sviluppi innovativi in tutte le principali discipline della scienza di base e riconoscere le frontiere tra i vari settori scientifici, in particolare in fisica, astronomia, biologia, genetica e chimica. Questo è parte del servizio che fate all’umanità.
Accolgo con favore il fatto che l’Accademia si concentri anche sulle nuove conoscenze necessarie per affrontare le piaghe della società contemporanea. I popoli chiedono giustamente di partecipare alla costruzione delle proprie società. I proclamati diritti universali devono diventare realtà per tutti, e la scienza può contribuire in modo decisivo a tale processo e all’abbattimento delle barriere che lo ostacolano. Ringrazio l’Accademia delle Scienze per la sua preziosa collaborazione nel contrastare quel crimine contro l’umanità che è la tratta delle persone finalizzata a lavoro forzato, prostituzione e traffico di organi. Vi accompagno in questa battaglia di umanità.
Molta strada c’è ancora da fare verso uno sviluppo che sia allo stesso tempo integrale e sostenibile. Il superamento della fame e della sete, dell’elevata mortalità e della povertà, specialmente tra gli ottocento milioni di bisognosi ed esclusi della Terra, non verrà raggiunto senza un cambiamento negli stili di vita. Nell’Enciclica Laudato si’ ho presentato alcune proposte-chiave per il raggiungimento di questo traguardo. Tuttavia, mi sembra di poter dire che mancano volontà e determinazione politica per arrestare la corsa agli armamenti e porre fine alle guerre, per passare con urgenza alle energie rinnovabili, ai programmi volti ad assicurare l’acqua, il cibo e la salute per tutti, ad investire per il bene comune gli enormi capitali che restano inattivi nei paradisi fiscali.
La Chiesa non si attende dalla scienza che segua soltanto i principi dell’etica, che sono un patrimonio inestimabile del genere umano. Essa si aspetta un servizio positivo, che possiamo chiamare con San Paolo VI la «carità del sapere». A voi, cari scienziati e amici della scienza, sono state affidate le chiavi del sapere. Vorrei essere presso di voi l’avvocato dei popoli ai quali non arrivano che da lontano e raramente i benefici del vasto sapere umano e delle sue conquiste, specialmente in materia di alimentazione, salute, educazione, connettività, benessere e pace. Permettetemi di dirvi a nome loro: la vostra ricerca possa giovare a tutti, al fine che i popoli della terra ne siano sfamati, dissetati, sanati e formati; la politica e l’economia dei popoli vi attingano indicazioni per procedere con maggiore certezza verso il bene comune, a vantaggio specialmente dei poveri e dei bisognosi, e verso il rispetto del pianeta. Questo è l’immenso panorama che si dischiude agli uomini e alle donne di scienza quando si affacciano sulle attese dei popoli: attese animate da fiduciosa speranza ma anche da inquietudine e ansietà.
Benedico di cuore tutti voi, benedico il vostro lavoro e benedico le vostre iniziative. Vi ringrazio tanto per quello che fate. Vi accompagno con la mia preghiera; e anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.

Papa Francesco
Discorso all’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze
© Editrice Vaticana

A cura di Paola Assenza

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