Artigiani del perdono

PAROLA DEL PAPA - Papa Francesco

Un’esplosione di luce e papa Francesco apre la Porta Santa nella cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, nell’Africa da lui definita “continente della speranza”. Oggi, tra povertà, guerre a volte fratricide, lotte tribali, nonostante tutto, l’Africa è il continente della speranza. Speranza nella buona volontà di ciascun popolo, speranza nel desiderio di riscatto, speranza negli occhi sorridenti e allegri di tanti bambini, speranza in tanti studenti, e nella bellissima azione missionaria.

Il discorso del Papa ha indirizzato e dato corpo a questa speranza: Dopo avere fatto noi stessi l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare. Ecco la nostra vocazione fondamentale: “Voi dunque siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 46-47). Gli operatori di evangelizzazione devono essere prima di tutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia. Come è significativo il termine artigiano: colui che lavora con le proprie mani e non ha paura di sporcarsi, come Gesù che ha operato con mano d’uomo.

È un discorso tutto costruito su esperienza umana e Parola di Dio che non delude e non abbandona. La stessa esperienza che tanti anni prima ha sperimentato il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, e che è il caposaldo della spiritualità Pro Sanctitate. Quando dall’affermazione ‘Dio è amore’ si arriva a ‘Dio mi ama’, la mente si perde e il mistero diventa ancora più fitto” (G. Giaquinta, Programma di vita spirituale, inedito). Mistero immensamente grande, immensamente dolce, immensamente impegnativo, quello dell’amore di Dio e di Gesù, mistero dinanzi al quale non ci è lecito oscillare, ma è necessario, con la logica dell’intelligenza e del cuore, saper trarre le conclusioni inevitabili: il nostro dovere di santità(G. Giaquinta, La spiritualità dell’Organizzazione Pro Sanctitate, inedito).

 

Quante Porte Sante sono state aperte fino ad oggi, ma la prima rimane una pietra miliare, così come l’augurio del Papa: “Voglia il Signore rendere tutti santi e immacolati nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore Gesù con tutti i santi. Riconciliazione, perdono, amore e pace! Amen”.

 

In questa Prima Domenica di Avvento, tempo liturgico dell’attesa del Salvatore e simbolo della speranza cristiana, Dio ha guidato i miei passi fino a voi, su questa terra, mentre la Chiesa universale si appresta ad inaugurare l’Anno Giubilare della Misericordia, che noi oggi, qui, abbiamo iniziato. E sono particolarmente lieto che la mia visita pastorale coincida con l’apertura nel vostro Paese di questo Anno Giubilare. A partire da questa Cattedrale, con il cuore ed il pensiero vorrei raggiungere con affetto tutti i sacerdoti, i consacrati, gli operatori pastorali di questo Paese, spiritualmente uniti a noi in questo momento. Attraverso di voi, vorrei salutare anche tutti i Centrafricani, i malati, le persone anziane, i feriti dalla vita. Alcuni di loro sono forse disperati e non hanno più nemmeno la forza di agire, e aspettano solo un’elemosina, l’elemosina del pane, l’elemosina della giustizia, l’elemosina di un gesto di attenzione e di bontà. E tutti noi aspettiamo la grazia, l’elemosina della pace.

 

Ma come gli apostoli Pietro e Giovanni che salivano al tempio, e che non avevano né oro né argento da dare al paralitico bisognoso, vengo ad offrire loro la forza e la potenza di Dio che guariscono l’uomo, lo fanno rialzare e lo rendono capace di cominciare una nuova vita, “passando all’altra riva” (cfr Lc 8, 22).

 

Gesù non ci manda soli all’altra riva, ma ci invita piuttosto a compiere la traversata insieme a Lui, rispondendo, ciascuno, a una vocazione specifica. Dobbiamo perciò essere consapevoli che questo passaggio all’altra riva non si può fare se non con Lui, liberandoci dalle concezioni della famiglia e del sangue che dividono, per costruire una Chiesa-Famiglia di Dio, aperta a tutti, che si prende cura di coloro che hanno più bisogno. Ciò suppone la prossimità ai nostri fratelli e sorelle, ciò implica uno spirito di comunione. Non è prima di tutto una questione di mezzi finanziari; basta in realtà condividere la vita del popolo di Dio, rendendo ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15) … Gesù ci insegna che il Padre celeste «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5, 45). Dopo aver fatto noi stessi l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare. Ecco la nostra vocazione fondamentale: «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Una delle esigenze essenziali di questa vocazione alla perfezione è l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine. Gesù ha tenuto ad insistere su questo aspetto particolare della testimonianza cristiana (cfr Mt 5, 46- 47). Gli operatori di evangelizzazione devono dunque essere prima di tutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia. È così che possiamo aiutare i nostri fratelli e sorelle a “passare all’altra riva”, rivelando loro il segreto della nostra forza, della nostra speranza, della nostra gioia che hanno la loro sorgente in Dio, perché sono fondate sulla certezza che Egli sta nella barca con noi. Come ha fatto con gli apostoli al momento della moltiplicazione dei pani, è a noi che il Signore affida i suoi doni affinché andiamo a distribuirli dappertutto, proclamando la sua parola che assicura: «Ecco verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda» (Ger 33, 14)… Noi, cristiani, siamo chiamati ad essere nel mondo gli artigiani di una pace fondata sulla giustizia.

 

La salvezza di Dio attesa ha ugualmente il sapore dell’amore. Infatti, preparandoci al mistero del Natale, noi facciamo nuovamente nostro il cammino del popolo di Dio per accogliere il Figlio venuto a rivelarci che Dio non è soltanto Giustizia ma è anche e innanzitutto Amore (cfr 1Gv 4, 8). Dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è Amore. Incoraggiando i sacerdoti, le persone consacrate e i laici che, in questo Paese, vivono talvolta fino all’eroismo le virtù cristiane, io riconosco che la distanza che ci separa dall’ideale così esigente della testimonianza cristiana è a volte grande. Ecco perché faccio mie sotto forma di preghiera quelle parole di san Paolo: «Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (1Ts 3, 12). A questo riguardo, la testimonianza dei pagani sui cristiani della Chiesa primitiva deve rimanere presente al nostro orizzonte come un faro: «Vedete come si amano, si amano veramente» (Tertulliano, Apologetico, 39, 7).

 

Infine, la salvezza di Dio annunciata riveste il carattere di una potenza invincibile che avrà la meglio su tutto. Infatti, dopo aver annunciato ai suoi discepoli i segni terribili che precederanno la sua venuta, Gesù conclude: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21, 28)… È dunque anche in mezzo a sconvolgimenti inauditi che Gesù vuole mostrare la sua grande potenza, la sua gloria incomparabile (cfr Lc 21, 27) e la potenza dell’amore che non arretra davanti a nulla, né davanti ai cieli sconvolti, né davanti alla terra in fiamme, né davanti al mare infuriato. Dio è più potente e più forte di tutto. Questa convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel bene di fronte alle peggiori avversità. Anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa parola sarà d’amore e di pace!

 

A tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo, io lancio un appello: deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace. Discepoli di Cristo, sacerdoti, religiosi, religiose o laici impegnati in questo Paese dal nome così suggestivo, situato nel cuore dell’Africa e che è chiamato a scoprire il Signore come vero Centro di tutto ciò che è buono, la vostra vocazione è di incarnare il cuore di Dio in mezzo ai vostri concittadini. Voglia il Signore renderci tutti «saldi … e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi» (1Ts 3, 13). Riconciliazione, perdono, amore e pace! Amen.

 

Domenica 29 novembre 2015,

Bangui, Repubblica Centrafricana, omelia

© Editrice Vaticana

a cura di Maria Mazzei

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