Salvatore Boccaccio, vescovo

TESTIMONI DI SANTITÀ

Don Salvatore, come amava farsi chiamare, nasce a Roma da Paolo e Marcella Montalesi il 18 giugno 1938. Alunno dal 1950 del Pontificio Seminario Romano, frequenta in seguito la Pontificia Università Lateranense, dove consegue il baccellierato in Filosofia e la laurea in Teologia con un dottorato di ricerca in Sociologia religiosa. È ordinato sacerdote il 9 marzo 1963 nella Basilica Lateranense e, come prete romano, per quasi venticinque anni esercita generosamente il suo ministero presbiterale: dal 1963 al 1978 come viceparroco nelle Parrocchie di S. Giovanni Battista De Rossi, dei SS. Protomartiri Romani, di S. Ilario nella borgata Palmarola; dal 1983 come parroco della Parrocchia di S. Brigida e successivamente di quella di S. Luca al Prenestino. Negli anni 1968 – 1973 insegna Religione nel Liceo “Castelnuovo” in pieno periodo di contestazione giovanile, avviando con gli alunni una grande comunità giovanile. Dal 1975 al 1983 è delegato dal Cardinale Vicario per l’Università Cattolica del S. Cuore e dal 1978 al 1983 è delegato per l’Opera Romana Pellegrinaggi. Fin da giovane sacerdote coltiva due grandi amori: la comunione presbiterale, espressa nell’amicizia e nella fraternità tra i sacerdoti, quale sostegno vicendevole e segno credibile del ministero; una profonda e tenera devozione alla Madonna, venerata soprattutto sotto il titolo di Madonna della Fiducia.

L’incontro nel 1963 con il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, fondatore del Movimento Pro Sanctitate, gli permette di rendere più concreta la tensione alla santità di vita. Il 28 giugno 1971 aderisce all’Istituto Secolare degli Apostolici Sodales, sempre fondato da Mons. Giaquinta. Il 29 ottobre 1987 viene eletto Vescovo titolare di Ulpiana e assegnato quale Vescovo Ausiliare del settore nord di Roma, quale stretto collaboratore di Papa Giovanni Paolo II. Il 7 dicembre 1987 riceve l’ordinazione espiscopale nella Basilica Lateranense per l’imposizione delle mani del Cardinale Ugo Poletti, di cui porterà con affetto filiale e orgoglio la croce pettorale lasciatagli in eredità. Il 17 marzo 1992 viene nominato Vescovo Coadiutore della Diocesi di Sabina-Poggio Mirteto, di cui diviene vescovo effettivo il 29 luglio dello stesso anno. Dal 1998 è chiamato ad essere membro della Congregazione delle Cause dei Santi e successivamente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti.

Per vari mandati è responsabile della Coommissione C.E.I. “Sport, Turismo e Tempo Libero”.

Dal 1997 è assistente spirituale generale della Comunità Nuovi Orizzonti, fondata da Chiara Amirante. Il 9 luglio 1999 è nominato Vescovo della Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, dove riceve la visita pastorale di San Giovanni Paolo II il 16 dicembre 2001. Dopo un lungo periodo di malattia, vissuto in pieno abbandono nelle mani di Dio Padre, muore nell’Episcopio di Frosinone la mattina del 18 ottobre 2008, dopo aver ricevuto il Sacramento dell’Eucaristia. Dal 25 ottobre 2009 riposa nella Cattedrale di Frosinone.

La sua testimonianza

 

Mi hanno domandato: ma qual’è la tua esperienza di vescovo? Brevemente devo dire che il vescovo è quello che celebra, ciò che celebra, lui è il vescovo!

Il vescovo è uno che chiede perdono per sé e per i suoi fratelli. Poi prega ed è compito del vescovo pregare per i suoi figli. Poi il vescovo annuncia il Vangelo, fa la catechesi, spiega e spezza il pane della Parola. Il vescovo, poi, sale all’altare e lo bacia, bacia così la sposa bella del Signore. Perché l’altare è il talamo nuziale della Chiesa, la sua veste. Poi il vescovo fa quello che ha fatto Gesù e nella celebrazione offre con Gesù se stesso. Si unisce profondamente a quelle parole terribili “questo è il mio corpo – questo è il mio sangue” sapendo che egli diventa una cosa sola con Lui e per sempre. Poi il vescovo fa la comunione perché è l’uomo della comunione sostanziata dalla presenza reale di Gesù Cristo nel misterioso modo di essere dell’Eucarestia. Il vescovo sa – come ogni presbitero sa – che la comunione non può essere un rito, ma è il dono di sé, totale. Poi il vescovo invita a uscire, invia alla missione. Andate, questa è la missione, non rimanete nel tempio, uscite, cercate la vostra Chiesa fuori del tempio – perché la Chiesa è fatta dei piccoli, dei poveri, dei malati, dei disabili, dei disagiati, è fatta da tutti coloro che non hanno altra speranza se non quella di essere abbracciati da Gesù Cristo. Ecco, questo è il vescovo e questo io lo sento come fatto vivo, profondo. E lo sento come peccato, perché mentre lo so come idealità, purtroppo non l’ho raggiunto. Ma questo è il cammino ascetico di ogni giorno, in cui chiedere perdono e ricominciare da capo. Gesù – non io – vi chiede di non lasciare solo il vescovo nel suo impegno. Lavoriamo insieme. Amen.

(Frosinone, 4 gennaio 2008, Discorso di don Salvatore in occasione della Festa per i suoi 20 anni di Episcopato)

Il testamento spirituale
Sono davvero tante, sono tante le cose, che vorrei dire a tutti, sono tante! Ma una sola resta lapiù importante:
In Manus Tuas, in Manus Tuas, in Manus Tuas!

Sì, dite questo a tutti da parte mia: In Manus Tuas! È questa l’unica cosa importante: il pieno e completo abbandono alla volontà del Padre, sia quando a noi pare bella, sia quando a noi pare brutta, credere sempre che tutto è dono squisitissimo e delicatissimo della tenerezza dell’Amore del Padre per noi! 

In Manus Tuas, Domine, grazie Papà!

E un’altra cosa… l’ho sempre amato! Dite questo da parte mia e un bacio nel Signore a tutti.

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