Claire de Castelbajac – Parigi, 26 ottobre 1953 – 22 gennaio 1975)

TESTIMONI DI SANTITA'

“Vorrei regalare la felicità a tutti”

Sono continuamente immersa nella gioia e nella pace interiore.

Amo tutti e desidero renderli felici: questa è la gioia dei figli di Dio!

Da quanto la cerco!

 

Claire De Castelbajac, ragazza dal temperamento di fuoco, dentro una natura esuberante ha saputo sviluppare una ricchissima vita interiore. Nata il 26 ottobre 1953 a Parigi, ultima di una famiglia di cinque figli, battezzata tre giorni dopo la nascita, passa i cinque primi anni di vita con la famiglia, a Rabat, in Marocco, fino al ritorno definitivo in Francia, nel 1959.

A 6 anni, una sera spontaneamente compone la seguente preghiera: «Gesù, fa’ che i cattivi, e coloro che non ti amano, e coloro che non ti conoscono, diventino buoni, e ti conoscano e ti amino, e preghino tre volte al giorno, e vadano tutti in Cielo». La mamma le chiede: «Hai pensato ad offrire il tuo cuore e la tua giornata, oggi? – Certamente! Ci penso sempre! Altrimenti, a cosa servirei?».

 

Durante l’agitazione del maggio 1968, la giovanissima Chiara risente profondamente i disordini politici e sociali di cui è testimone, e vede ad essi un solo rimedio: la preghiera a Nostra Signora, secondo le domande di Fatima. Di sua iniziativa, spinge le alunne della sua classe di terza media a scrivere a tutti i vescovi di Francia: «Monsignore, noi La supplichiamo di domandare ai Suoi sacerdoti di voler cortesemente trasmettere il messaggio di Nostra Signora a tutti i loro parrocchiani… Monsignore, sono ragazzine che Le domandano, come pure a tutti i vescovi di Francia, di fare questo appello alla Chiesa della nostra patria. Siamo certe che Lei ne terrà conto e gliene siamo grate».

Con la foga dei suoi quindici anni, Chiara è sdegnata del vento di contestazione che soffia sulla Chiesa e tende a far tabula rasa del passato. Ne soffre al punto di ammalarsi e di dover finire il seguente anno scolastico in casa. Avendo notato che la gioventù del suo villaggio non ha nessuna occasione di riunirsi per distrarsi insieme, organizza prima di tutto un coro; poi, il gruppo si lancia in due rappresentazioni teatrali, per distrarre le persone anziane del vicino ricovero, i disabili, o semplicemente gli abitanti del paese.

 

Dopo l’esame di maturità, Claire decide di dedicarsi al restauro di pitture ed affreschi e si presenta al concorso di ammissione dell’Istituto Centrale del Restauro, a Roma, ente statale che riserva ogni anno tre posti ai candidati stranieri.

A Pasqua del 1972, si trasferisce a Roma, per preparare meglio il concorso. Ha diciotto anni e mezzo. Nelle sue annotazioni intime, si può leggere: «La santità è l’Amore nel vivere le cose ordinarie per Dio e con Dio, con la sua grazia e la sua forza» (17 ottobre 1972). Scrive ai genitori: «Sono terrorizzata all’idea che potrei essere ammessa! So benissimo che nella Bibbia c’è, per 366 volte: Non temere nulla, una volta per ogni giorno dell’anno, e che, caso mai, la grazia sarà con me. Ma ho una paura matta all’idea di cominciare fra due mesi la mia vita di adulta…». Il che non le impedisce di applicarsi per ottenere l’ammissione.

Al concorso Chiara si classifica terza sulla lista dei tre stranieri ammessi. L’entusiasmo la sostiene, ma altre lotte si preparano. «La mano di Dio non cessa di proteggermi, scrive ai genitori. Quel che mi infastidisce è il successo che ho, veramente involontariamente, credetemi, coi ragazzi. Uno è chiaramente innamorato di me. E poi c’è un Libanese pieno di attenzioni…; aggiungerò ancora due Italiani, particolarmente complimentosi e cani fedeli. In capo a nove giorni, è molto… Vero è che ben presto mi conosceranno meglio! … È talmente difficile modificare la propria natura ed impedirsi di ridere, di prendere tutto sullo scherzo e di fare continuamente giochi di parole… Ma sono sicura della protezione Divina, Verginale e Benedettina (porta una medaglia di san Benedetto), senza parlare degli Angeli Custodi».

Qualche giorno più tardi, aggiunge: «Ho fretta di sistemarmi veramente, per poter scrivere le mie lettere e fare una mezz’ora di lettura spirituale quotidiana. La corona è risolta con i due quarti d’ora, o i quattro, che passo nella metropolitana. Ho molto bisogno delle vostre preghiere… più conosco la gente, e più la cosa mi deprime; pensavo che l’Arte per l’Arte e il Bello per il Bello, dunque il senso della gratuità delle cose, dessero alla gente una profondità e qualcosa in più… Evidentemente, a parte due o tre snob, tutti sono interessati da quel che fanno, ed anche appassionati: ma a parte questo, pluf! la sola cosa che li interessa è il piacere sotto tutte le forme. Allora, questo mi deprime e mi scoraggia un po’… Tutti i ragazzi mi corrono dietro! Diamine! Non porto mica la minigonna… e, per di più, spruzzo di freddezza e cattiveria quelli che sono da evitare. E più li spruzzo, e più insistono… Ma adesso ciò di cui ho paura è di me stessa; perché, vi dirò tutto. Non sono molto incoraggiata da persone perbene, come a Tolosa; allora, talvolta, vedendo quelli che mi circondano, mi dico che non deve esser sgradevole fare come fanno loro… Allora prego, prego, per avere il coraggio, potrei talvolta dire addirittura l’eroismo, di resistere, di non avere nessun ragazzo prima del fidanzamento…».

 

Tuttavia, Chiara si lascia a poco a poco inebriare dalla libertà. Verso la metà di marzo del 1973, si sistema con due amiche in un appartamento indipendente. Incominciano a ricevere e ad uscire di sera, si divertono molto, facendo un sacco di «stupidaggini», secondo la sua stessa espressione, e studiano poco. «…La mia visione delle cose cambia: chi soddisferà la sete di vita che provo? … Ieri, siamo andate in riva al mare. È stato favoloso! Sole solette, a fare le matte fino a notte avanzata… eravamo appassionatamente piene di vita, d’indipendenza, di libertà totale e del sentimento inebriante di esser fuori della civiltà».

Con un simile sistema di vita, i voti di Chiara al «Restauro» calano senza rimedio, è sul punto di farsi mandar via. Tuttavia, segretamente, è scontenta di sé. Il suo senso acuto di Dio, il relativo insuccesso negli studi e forse anche l’osservazione di una studentessa: «Vedrai, figliola bella, ci arriverai al nostro ateismo. Non ti do neppure un anno di tempo perché tu sia come noi…», provocano un soprassalto salutare. L’estate porta vacanze felici a Lauret, interrotte dal Pellegrinaggio Nazionale di Lourdes. All’inizio di ottobre, riparte per Roma, piena di energia. Scrive ai genitori: «Mi rendo conto a che punto di vanità e di egoismo mi sono ridotta, sotto l’appellativo fallace di emancipazione…». Le ottime disposizioni che segnano l’inizio del nuovo anno non scemeranno più. Dio è nuovamente al centro della sua vita, malgrado occasionali «ribellioni di spirito».

Un anno dopo, il 16 settembre 1974, Chiara va per tre settimane in Terra Santa, con un gruppo di una decina di giovani. Scrive ai genitori: «Incomincio ad afferrare il senso della parola Amore di Dio: non bisogna, credo, appassionarsi per questioni accessorie, ma puntare tutto verso Dio, e soltanto verso di Lui!».

Alcuni giorni dopo il ritorno dalla Terra Santa, Chiara riceve l’ordine di missione per Assisi, dove lavorerà al restauro degli affreschi della Basilica. Ritorna a Lauret il 18 dicembre, per le vacanze di Natale. I suoi la trovano trasfigurata. Il sabato 4 gennaio, le si dichiara una meningoencefalite virale fulminante. Il 17, incosciente, riceve il sacramento degli ammalati. La domenica 19, mentre sembra dormire, dice ad un tratto, nettamente ed a voce molto alta: «Ave Maria, piena di grazia…» poi si ferma, spossata. Sua madre continua la preghiera; alla fine di ogni Avemaria, Chiara mormora: «e poi… e poi…», per far continuare il rosario. La sera del 20, sprofonda in un coma irreversibile. Entra nell’eternità in cui Dio la chiama, il mercoledì 22 gennaio 1975, verso le cinque del pomeriggio.

 

Nel 1970, aveva scritto ad un’amica: «Trovi veramente che la prossimità sempre crescente della morte sia angosciosa? Io penso di no; non bisogna temere la morte. La morte è soltanto il passaggio da una vita – che, in realtà, è un semplice esame – di gioie e di piccole sventure… alla Felicità totale, alla Vista perpetua di Colui che ci ha dato tutto. … Ti ricordi che al Sacro Cuore, parecchie ragazze (e tu fra di esse) mi avevano predetto che sarei morta giovane? e questo senza mettersi d’accordo tra loro. Ebbene, ti confesserò che me ne infischio com-ple-ta-men-te, visto che, relativamente all’eternità, cosa sono 50 anni di vita terrena in più o in meno?».

 

L’inchiesta ufficiale in vista della sua beatificazione è stata aperta nel 1990. La fase diocesana è terminata nel 2008.

(parzialmente ripresto e tradotto da una lettera di Don Antoine Marie osb, in
http://www.clairval.com/lettres/en/2003/10/07/2081003.htm)

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