Pregare oggi

SCRITTI DEL FONDATORE

Dovendo sinteticamente dare un giudizio sulla situazione attuale della preghiera… notiamo sul piano personale, familiare e sociale una notevole diminuzione della preghiera.
Sul piano personale non si può dimostrare, ma basterebbe fare una piccola indagine per rendersene conto.
Sul piano familiare la cosa è più evidente: un tempo la famiglia era centro di preghiera, oggi la famiglia è centro “di televisione”, non si prega più, salvo casi eccezionali; ormai si pensa ai tempi passati, in cui la nonna, la mamma o il bambino intonavano il Rosario attorno al fuoco, come a un tempo fiabesco, lontano.
Nel mondo sociale neppure a parlarne: oggi fa impressione addirittura che il Presidente degli Stati Uniti, quando presta giuramento, lo faccia ancora “nel nome di Dio”. Da noi questo è stato praticamente abolito. Il mondo sociale, ormai, si è ufficialmente  scristianizzato, si è ateizzato, è al di fuori di Dio. Non dico che neghi Dio; si è messo in una posizione di  agnosticismo, è al di fuori.
Consideriamo ora il piano collettivo, quindi quella che possiamo chiamare la preghiera collettiva. Quando si prega insieme troviamo indubbiamente più colore, più vivacità, maggiore partecipazione, ma rischiamo di avere meno contenuto. Questa è la situazione che oggi viviamo nei confronti della preghiera.
Quali sono le accuse che si fanno contro la preghiera? Accuse vecchie, che mentre un tempo venivano solo dal di fuori, adesso vengono anche dal di dentro. Quali sono queste accuse? La prima, che viene dal di fuori ma si ripercuote all’interno, è che la preghiera è una alienazione:… la preghiera ci alienerebbe dagli autentici valori, in conseguenza è una perdita di tempo. Ciò che conta oggi infatti non è tanto la dimensione verticale, il rapporto con Dio che sta nel suo Paradiso; Dio ormai si è incarnato, sta in mezzo a noi, nei fratelli, quindi la preghiera è rapporto con i fratelli, amore per i fratelli, azione. Con questi principi praticamente avviene la abolizione quasi totale del tempo della preghiera.
Ci sono altre obiezioni che invece nascono da chi è lontano anche dalla fede, da chi vuole spiegare tutto in senso psicologico e quindi la preghiera diventerebbe una illusione psicologica, per cui nella preghiera siamo noi che parliamo a noi stessi, cioè parliamo e ci rispondiamo, è tutto un dialogo perfettamente inutile con noi stessi. Ci rivolgiamo a un Dio che non si può curare di noi perché è troppo grande, che se dovesse curarsi di noi si troverebbe dinanzi all’assurdo di dover rispondere a mille domande differenti e contraddittorie.
…Vogliamo chiederci ora che cosa sia la preghiera, molte di queste obiezioni infatti nascono dalla mancanza di conoscenza di ciò che è la preghiera. Dobbiamo domandarcelo anche per riuscire a verificare se in noi questa esperienza è autentica.
…Quando sono andato in India sapevo di incontrare un popolo profondamente religioso e di grande preghiera, ma l’esperienza di un popolo in preghiera ho potuto averla solo nel momento in cui ho visto i pellegrini indù, che stavano quaranta giorni in una forma particolare di digiuno e di astensione e facevano chilometri e chilometri a piedi, con la barba incolta, mangiando poco, pregando continuamente e cantando preghiere al loro Dio: una preghiera che coinvolge una realtà di vita e nasce dalla profondità dell’essere. Per rendersi conto di questa profondità, vorrei leggervi l’ultima preghiera di Tagore, un indù. Preghiera che venne cantata, declamata durante i funerali di questo grande poeta: «Di fronte si estende l’oceano di pace. O timoniere, salpa verso l’alto mare, tu sarai il mio eterno compagno, prendi, prendimi nelle tue braccia, la stella polare brillerà illuminando il sentiero verso l’eternità. O Dio di misericordia, il tuo perdono, la tua pietà, saranno il perenne mio sostegno nel viaggio ai lidi della eternità. Possano i legami terreni sciogliersi, il possente universo prendermi fra le sue braccia e io venga a conoscere senza timore il grande ignoto». A quale grado di profonda religiosità e intimità può arrivare un popolo che al fondo ha delle forti vene panteistiche, ma che ha anche una intensa preghiera! Quel musulmano che ho visto a Beirut, là prostrato dinanzi a tutta la gente in adorazione di Allah, senza nessun rispetto umano: è preghiera quella!
Così come è preghiera quella del vecchietto che viene sorpreso dal santo curato d’Ars a fumare in chiesa, e quando il santo lo rimprovera gli risponde: “Padre mio, avevo un quarto d’ora di tempo, ho pensato, vado in chiesa e faccio una fumatina con Gesù”. Questa è preghiera, è preghiera altissima.
La preghiera della Cananea è tra le espressioni più profonde di fede. Il Signore in quel caso si dimostra un po’ rigido – qualche volta anche Lui lo era – «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede!» (cf Mt 15, 26-28). Questa è preghiera altissima così come è preghiera altissima quella di Abramo con Dio per salvare Gomorra. Abramo contratta con Dio: è uno dei passi più belli e più seducenti dell’Antico Testamento. Parte da cento uomini giusti e poi, come il mercante che vuole lo sconto a tutti i costi, da cento passa a ottanta e poi a sessanta e infine arriva a dieci. Questo dialogo, questo parlare è preghiera! Abbiamo descritto la preghiera e siamo arrivati anche a comprenderne intuitivamente la natura.
S. Tommaso ha descritto la preghiera con questa espressione dei Padri greci: elevatio mentis ad Deum, elevazione della mente a Dio.
A me piace pensare la preghiera dandone questa descrizione: contatto dialogico e vitale con Dio. Noi preghiamo quando ci mettiamo a contatto con Dio e quando iniziamo con Lui un dialogo, che può avere le forme più varie ma è sempre un dialogo. Arriviamo quindi a una concezione più vasta che nasce proprio da questa definizione, cioè la preghiera come tensione, come sforzo e come dialogo personalizzato con Dio. Meditiamo questi elementi.
Dev’esserci dentro di noi una tensione, uno sforzo, che a volte diventerà realtà, a volte sarà sofferenza, a volte oscurità, a volte gioia, ma è sempre “tensione verso”.
Il secondo elemento fondamentale è che la preghiera è un dialogo “personalizzato”.
È la mia preghiera, il mio dialogo, di me persona con un’altra Persona. Noi non parliamo con una forza oscura. Il grande punto debole che troviamo in molte religioni e quindi anche in quella indù o buddista è proprio questo: non c’è un rapporto personalizzato perché la realtà verso la quale ci si rivolge non sempre è una persona. Dio è l’immenso universo che deve stenderci le sue braccia, come per esempio in Tagore.
Per noi cristiani non è così, la preghiera è una realtà personalizzata in quanto noi, persone, parliamo con una realtà che è Persona.
Il terzo elemento è arrivare al dialogo: io parlo e tu mi ascolti, tu parli e io ti ascolto, intrecciamo quindi un rapporto non puramente intellettuale ma vitale. Questa è la preghiera.
Fermandoci a queste nozioni, possiamo esaminare noi stessi almeno su due aspetti. Il primo, se la nostra preghiera personale soprattutto, ma anche quella comunitaria, sia una preghiera in crisi e quali eventualmente ne siano i motivi. Seconda domanda fondamentale: quale sia il tipo e la natura della nostra preghiera, cioè se è realmente una tensione verso un dialogo personale, se è un dialogo personalizzato, intreccio vitale che entra nella vita. Dobbiamo chiederci se questa è la nostra preghiera o se invece non è totalmente differente, se non è un vano fantasticare, perdere tempo, leggere cose più o meno interessanti invece che un immergersi in Dio, per avere con Lui una esperienza dialogica, vitale, reale.
(Guglielmo Giaquinta, La preghiera, pp. 21-26)

Per la riflessione*
• Elementi di crisi e punti di forza della preghiera personale e comunitaria: quali sono oggi?
• Quali “sfide” (ostacoli, obiezioni, difficoltà) oggi siamo chiamati ad affrontare per ritrovare e riaffermare l’importanza della preghiera per un autentico cammino di santità?
• Guglielmo Giaquinta ci propone di riflettere su tre elementi fondamentali:
– «Dev’esserci dentro di noi una tensione, uno sforzo, che a volte diventerà realtà, a volte sarà sofferenza, a volte oscurità, a volte gioia, ma è sempre “tensione verso”»: verso cosa tende la nostra preghiera?
– «Il secondo elemento fondamentale è che la preghiera è un dialogo “personalizzato” »: come valorizzare e prendere sempre più consapevolezza di questo elemento che rende “unica” la preghiera cristiana?
– «Il terzo elemento è arrivare al dialogo: io parlo e tu mi ascolti, tu parli e io ti ascolto, intrecciamo quindi un rapporto non puramente intellettuale ma vitale»: come creare un intreccio vitale tra vita e preghiera, presenza nel mondo e dialogo con Dio?

* Questa rubrica Gli Scritti del Fondatore quest’anno sarà sempre corredata di indicazioni per la riflessione che ciascuno potrà utilizzare personalmente e/o in gruppo.

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