Via Crucis

Settimana Santa 2022



VIA CRUCIS


Prima stazione
Gesù viene condannato a morte

Dal Vangelo secondo Luca (23, 23-25)
Insistevano a gran voce nel chiedere che Gesù venisse crocifisso. Le loro grida diventavano sempre più forti. Alla fine Pilato decise di lasciar fare come volevano. Avevano chiesto la liberazione di Barabba, quello che era stato messo in prigione per sommossa e omicidio, e Pilato lo liberò. Invece consegnò Gesù alla morte come essi volevano.

Il Signore volge lo sguardo verso di noi, anche mentre condanniamo a morte Lui e i nostri fratelli. La tentazione di sentirci migliori degli altri, di nominarci arbitrariamente giudici giusti e sommi, di guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello piuttosto che la trave che è nel nostro, è forte e spesso cediamo senza opporre resistenza alcuna.

Gesù, aiutaci a ricordare che solo Tu sei la Via, la Verità e la Vita e a riconoscerTi nel volto dei tanti fratelli sofferenti e dei popoli scossi dalla tragedia della guerra.


Seconda stazione
Gesù prende la croce sulle spalle

Dal Vangelo secondo Matteo (27, 28-31)
Gli tolsero i suoi vestiti e gli gettarono addosso un veste rossa. Prepararono una corona di rami spinosi e gliela misero sul capo, nella mano destra gli diedero un bastone. Poi incominciarono a inginocchiarsi davanti a lui e a dire ridendo: “Salve, re dei Giudei”. Intanto gli sputavano addosso, gli prendevano il bastone e gli davano colpi sulla testa. Quando finirono di insultarlo, gli tolsero la veste rossa e lo rivestirono con i suoi abiti. Poi lo portarono via per crocifiggerlo.

Gesù, a causa delle nostre debolezze, delle nostre cattiverie e della nostra indifferenza, è stato caricato del legno della Croce. Siamo insofferenti, schiavi di una società che maschera la cattiveria nascondendosi sotto la bandiera della libertà. Cerchiamo di sfuggire dai vincoli, dai legami, ci voltiamo dall’altra parte perché la sofferenza dei nostri fratelli quasi ci disturba.

Gesù, fa che il nostro cuore si apra per accogliere i tanti fratelli che poni nel nostro cammino. Solo Tu puoi guarirci e insegnarci ad amare tutti, sempre.


Terza stazione
Gesù cade la prima volta

Dalla lettera agli Ebrei (2, 18; 12, 2)
Ora egli può venire in aiuto di quelli che sono nella tentazione, perché anche lui ha provato la tentazione e ha sofferto personalmente. Egli ha accettato di morire in croce e non ha tenuto conto che era una morte vergognosa, perché pensava alla gioia riservata per lui in cambio della sofferenza.

La nostra indifferenza nei confronti degli oppressi ci rende complici degli oppressori e a causa nostra il legno della Croce si fa più pesante in ogni momento. Spesso dimentichiamo il significato di parole come Speranza, Perdono, Amore, Compassione, Fratellanza, e perciò smettiamo di soffrire insieme a Gesù e a quanti si trovano nel bisogno, perché è più conveniente girarci dall’altra parte.

Gesù, aiutaci a comprendere che quando uno dei nostri fratelli cade sotto il peso delle sofferenze, la sua Croce è anche la nostra, perché in questo spirito di Compassione e Speranza, nel mondo regni la Pace.


Quarta stazione
Gesù incontra Sua madre

Dal Vangelo secondo Luca (2, 34-35)
Simeone li benedisse e parlò a Maria la madre di Gesù: “Dio ha deciso che questo bambino sarà occasione di rovina o risurrezione di molti in Israele. Sarà un segno di Dio, ma molti lo rifiuteranno: così egli metterà in chiaro le intenzioni nascoste nel cuore di molti. Quanto a te, Maria, il dolore ti colpirà come colpisce una spada.”

Come potrebbe la Vergine Maria non piangere di dolore e patire insieme a suo figlio, pur sapendo che la sua morte ci avrebbe salvati? La sua madre adorata non ha mai smesso di confermare l’essere donna del “sì”. Ha accettato di portare in grembo il Figlio di Dio e di accompagnarlo fino alla Croce. Quante famiglie oggi sono disperate per la sorte dei propri figli! Gesù, insieme con loro, porta la Croce di queste immense sofferenze, infondendo la Speranza.

O Maria, rendici coraggiosi, uomini e donne del primo passo. Fa che anche noi possiamo essere portatori di Speranza per quanti sono nelle difficoltà perché possiamo imitare l’atto d’Amore irraggiungibile che ha compiuto Gesù per noi.


Quinta stazione
Il cireneo aiuta Gesù a portare la Croce

Dal Vangelo secondo Marco (15, 20-21)
Quando finirono di insultare Gesù, gli tolsero la veste rossa e lo rivestirono dei suoi abiti. Poi lo portarono fuori per crocifiggerlo. Un certo Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, passava di là mentre tornava dai campi. I soldati lo obbligarono a portare la croce di Gesù.

Tante sono le vie che Dio traccia perché possiamo arrivare a Lui. Egli ci chiama ad aiutare i nostri fratelli vicini e lontani. Occorre dire di sì alla pace iniziando da noi stessi, perché è l’unico pezzo di mondo su cui abbiamo il potere di agire. Non possiamo costringere gli altri a non agire con cattiveria, ma possiamo sperare che vedendoci compiere atti di amore e di carità, possano sentirsi toccati e in loro si risvegli la voglia di imitarci.

Gesù, fa che rispondiamo alla Tua chiamata con entusiasmo, perché il nostro impegno possa essere sollievo per i più deboli, gli ultimi, i dimenticati.


Sesta stazione
Una donna asciuga il volto di Gesù

Dal Vangelo secondo Matteo (25, 37-40)
I giusti risponderanno (al re): “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato, straniero o nudo, malato o in carcere?” E il re risponderà loro: “In verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.”

La Veronica è una delle tante donne generose che Gesù ha incontrato lungo il suo cammino. Premurosa, ella gli ha donato un momento di sollievo offrendogli un sudario. Non si fa contagiare dalla brutalità dei soldati, né immobilizzare dalla paura dei discepoli, ma mantiene il coraggio della bontà. All’inizio ella vede soltanto un volto maltrattato e segnato dal dolore. Ma l’atto di carità imprime nel suo cuore la vera immagine di Gesù: nel Volto umano ella vede il Volto di Dio, che ci segue anche nel più profondo dolore. Soltanto l’amore ci rende capaci di vedere e ci rende puri. Soltanto l’amore ci fa riconoscere Dio che è l’amore stesso.

Gesù, vogliamo pregarti per tutte le donne che sanno essere insieme madri e lavoratrici, attente alla comunità e ai bisogni dei propri figli. Fa che in Te possano trovare riparo e sollievo, ristoro e fonte inesauribile di Amore, perché anche nelle situazioni più difficili sappiano essere oasi di serenità, di unità e di pace.


Settima stazione
Seconda caduta di Gesù

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo (2, 23-24)
Quando lo offendevano, non offendeva; quando lo facevano soffrire, non parlava di vendetta, ma aveva fiducia in Dio che giudica con giustizia. Egli ha preso su di sé i nostri peccati e li ha portati con sé sulla croce per farci morire riguardo al peccato e farci vivere una vita giusta.

Il Signore, ancora una volta è caduto sotto la croce e di nuovo dobbiamo riconoscere che è la nostra cattiveria a schiacciarLo nella polvere. Così come la nostra brama di potere ogni giorno schiaccia l’altro sotto il peso delle armi e delle mine; è la nostra fame e sete di dominio che svuota le vite di tante famiglie e soprattutto dei tanti bambini che oggi subiscono l’orrore della guerra.

Signore Gesù, aiutaci, perché insieme con Te possiamo far rifiorire un sorriso sul volto spento dei tanti bambini del mondo. Aiutaci a mantenere viva la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l’orrore di ciò che accadde, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di ogni volontà di dominio e distruzione.


Ottava stazione
Gesù incontra le donne di Gerusalemme che piangono su di lui

Dal Vangelo secondo Luca (23, 28-31)
Gesù, voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?”

Sentire Gesù, mentre rimprovera le donne di Gerusalemme che lo seguono e piangono su di lui, ci fa riflettere. Non serve compiangere a parole, e sentimentalmente, le sofferenze di questo mondo, mentre la nostra vita continua come sempre. Per questo il Signore ci avverte del pericolo in cui noi stessi siamo. Ci mostra la serietà del peccato e la serietà del giudizio. Non siamo forse, nonostante tutte le nostre parole di sgomento di fronte al male e alle sofferenze degli innocenti, troppo inclini a banalizzare il male? Il male non può continuare a essere banalizzato di fronte all’immagine del Signore che soffre. Anche a noi egli dice: Non piangete su di me, ma piangete su voi stessi…

Signore, fa’ che non ci limitiamo a camminare accanto a te, offrendo soltanto parole di compassione. Convertici e donaci una nuova vita; non permettere che, alla fine, rimaniamo lì come un legno secco, ma fa’ che diventiamo tralci viventi in te, la vera vite, e che portiamo frutto per la vita eterna.


Nona stazione
Gesù cade per la terza volta

Dal libro del profeta Isaia (53, 5-6.10)
Egli è stato ferito per le nostre colpe, è stato schiacciato per i nostri peccati. Egli è stato punito e noi siamo stati salvati. Egli è stato percosso e noi siamo guariti. Noi tutti eravamo come pecore smarrite, ognuno seguiva la propria strada. Ma il Signore ha fatto pesare su di lui le colpe di tutti noi

Il Signore ancora una volta cade a terra perché più pesante è diventata la sua croce. Tanti sono i giovani che, ogni giorno, sotto la croce della mancanza di amore, dell’incomprensione, della superficialità, della droga cadono e non riescono più a rialzarsi. Insieme ad essi, anche le loro famiglie si sentono schiacciate da tanto peso.

Gesù, ti preghiamo affinché tu possa essere per i giovani la forza che li tiene saldi o l’aiuto che li fa rialzare. Dona alle loro famiglie coraggio e sostegno, affinché sotto la tua protezione trovino il coraggio di camminare insieme a Te e ai loro figli nel calvario della croce.


Decima stazione
Gesù spogliato delle vesti

Dal Vangelo secondo Giovanni (19, 23 – 24)
I soldati poi … presero le vesti di Gesù, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamola a sorte a chi tocca”. Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte” … E i soldati fecero così

Gesù ha dovuto subire anche questa umiliazione: essere spogliato delle vesti. Quanti uomini nudi ci sono oggi davanti ai nostri occhi? Uomini spogliati della loro dignità, del loro lavoro, della loro stessa umanità. E quanti altri uomini si giocano le loro vesti pensando di poterli dominare, di esserne superiori, di approfittare della loro debolezza?
Migranti, disoccupati, donne violentate e uccise, bambini violati nel corpo e nell’anima, rifugiati, torturati, vittime di ogni violenza e della guerra. Sono davanti a noi nella loro nudità che è la loro regalità, il loro rimanere comunque uomini davanti a Dio. Ma per comprenderli è necessario a nostra volta spogliarci delle nostre “vesti”, tornare tutti a a riconoscerci uguali nell’amore di Dio.

Signore, liberaci da noi stessi, dai nostri egoismi, dalla sete di potere e, come ci insegna a pregare Madre Teresa, quando il Regno dei Cieli si confonde falsamente con i regni di questo mondo, fa che troviamo felicità e conforto solo in Te.


Undicesima stazione
Gesù è inchiodato sulla croce

Dal Vangelo secondo Matteo (27, 37-42)
Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: “Questi è Gesù, il re dei Giudei”. Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: “Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!”. Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo”

Gesù è inchiodato sulla croce. Si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”. Fermiamoci davanti a questa immagine di dolore, davanti al Figlio di Dio sofferente. Guardiamo a lui nei momenti della presunzione e del godimento, in modo da imparare a rispettare i limiti e a vedere la superficialità di tutti i beni puramente materiali. Guardiamo a lui nei momenti di calamità ed angustia, per riconoscere che proprio così siamo vicini a Dio. Cerchiamo di riconoscere il suo volto in coloro che tenderemmo a disprezzare.

Signore Gesù Cristo, ti sei fatto inchiodare sulla croce, accettando la terribile crudeltà di questo dolore, la distruzione del tuo corpo e della tua dignità. Ti sei fatto inchiodare, hai sofferto senza fughe e senza compromessi. Aiutaci a non fuggire di fronte a ciò che siamo chiamati ad adempiere. Aiutaci a farci legare strettamente a te. Aiutaci a smascherare quella falsa libertà che ci vuole allontanare da te. Aiutaci ad accettare la tua libertà “legata” e a trovare nello stretto legame con te la vera libertà.


Dodicesima stazione
Gesù muore sulla croce

Dal Vangelo secondo Luca (23, 44-47)
Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest’uomo era giusto»

Il Figlio di Dio, per essere veramente uomo e nostro fratello, deve bere anche il calice della morte, quella morte che è la reale carta d’identità di tutti i figli di Adamo. È così che Cristo «si rende in tutto simile ai fratelli», diventa pienamente uno di noi, presente con noi anche in quell’estrema agonia tra vita e morte. Un’agonia che si ripete forse anche in questi minuti per un uomo o una donna in ogni parte del mondo. Il Cristo che muore si rivela ora il Dio appassionato, innamorato delle sue creature fino al punto di imprigionarsi liberamente nella loro frontiera di dolore e di morte. È per questo che il Crocifisso è un segno umano universale della solitudine della morte e anche dell’ingiustizia e del male. Ma è anche un segno divino universale di speranza per le attese di ogni centurione, cioè di ogni persona inquieta e in ricerca.

Signore Gesù, aiutaci a credere in te e a seguirti proprio nell’ora dell’oscurità e del bisogno. Mostrati di nuovo al mondo in quest’ora, affinché la morte non sia la fine ma il mezzo per la vera vita di pienezza.


Tredicesima stazione
Il corpo di Gesù è deposto dalla croce

Dal vangelo secondo Matteo (27, 57-58)
Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato

Non sono i discepoli più vicini quelli che andarono a reclamare il corpo di Gesù per seppellirlo, ma fu Giuseppe d’Arimatea In mezzo a tanti uomini di potere che avevano condannato Gesù ce n’era anche qualcuno che invece aveva creduto in lui. Dopo la morte di Gesù, qualcosa aveva spinto quell’uomo a trovare il coraggio di andare a reclamare il corpo del maestro, spezzando la catena della violenza che appare ineluttabile. La violenza commessa contro un essere umano è una ferita nella carne dell’umanità; ogni morte violenta ci “diminuisce” come persone. […] La violenza genera violenza, l’odio genera altro odio, e la morte altra morte.
La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono. (Cfr Fratelli Tutti 227, passim.).

Signore Gesù, Figlio venuto a rivelare la misericordia del Padre, ti affidiamo tutti coloro che hanno subito abusi di potere, spirituali e di coscienza, fisici e sessuali, le loro ferite siano risanate dal balsamo della tua e della nostra compassione, trovino accoglienza e aiuto fraterno, i loro cuori siano avvolti di tenerezza e ricolmi di speranza.


Quattordicesima stazione
Il corpo di Gesù è posto nel sepolcro

Dal Vangelo secondo Matteo (27,59-60)
Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò.

Gesù, disonorato e oltraggiato, viene deposto, con tutti gli onori, in un sepolcro nuovo. Nicodèmo porta una mistura di mirra e di aloe di cento libbre destinata a emanare un prezioso profumo. Se la misura di Dio è la sovrabbondanza, anche per noi niente dovrebbe essere troppo per Dio. Nella putrefazione delle ideologie, la nostra fede dovrebbe essere di nuovo il profumo che riporta sulle tracce della vita. Nel momento della deposizione comincia a realizzarsi la parola di Gesù: “In verità, in verità, vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24). Gesù è il chicco di grano che muore. Dal chicco di grano morto comincia la grande moltiplicazione del pane che dura fino alla fine del mondo: egli è il pane di vita capace di sfamare in misura sovrabbondante l’umanità intera e di donarle il nutrimento vitale.
La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono. (Cfr Fratelli Tutti 227, passim.).

Gesù, nella deposizione hai fatto Tua la morte del chicco di grano, sei diventato il chicco di grano morto che produce frutto per l’eternità. Dal sepolcro risplende la promessa del pane di vita nel quale tu offri te stesso a noi. Ti affidiamo le vittime innocenti del terrorismo e delle rappresaglie, ma anche la morte dei nostri cari, il loro ultimo sguardo, il loro ultimo respiro. Tu ci sei vicino ed hai condiviso fino in fondo la nostra sorte di mortali.


Sussidio preparato dai giovani del Centro Operativo di Riesi
del Movimento Pro Sanctitate


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