Lo Spirito Santo e la santità (La santità, 87-95)

La meditazione del Servo di Dio sulla relazione tra Spirito Santo e santità, si sviluppa su due registri: il primo mette in luce ...





Il brano proposto in questo mese di giugno 2019 è tratto dal testo “La santità”, che contiene le meditazioni dettate dal Servo di Dio Guglielmo Giaquinta negli Esercizi Spirituali del 1977.


La meditazione del Servo di Dio sulla relazione tra Spirito Santo e santità, si sviluppa su due registri: il primo mette in luce la realtà della presenza di Dio nel cristiano che è rinato nel Battesimo, inizio della presenza trinitaria nell’uomo; il secondo è la collaborazione e la corrispondenza dell’uomo alla grazia. Emerge quindi come il cammino di santità si realizzi in questa continua relazione tra Dio e uomo, in un dialogo fecondo i cui frutti a volte rimangono invisibili ai nostri occhi, ma si manifestano nel momento in cui “il Signore fa esplodere il mondo invisibile dell’amore che Egli ha costruito dentro di noi”.

È facile pensare alla santità come ad una montagna da scalare; in tal caso ci si chiede come arrivare sulla cima rappresentata dalla Trinità – Padre, Figlio e Spirito – che attraendo a sé, fa camminare verso la perfezione.
Non è possibile arrivare a nessun tipo di santità se non si è condotti dallo Spirito e dal Verbo il quale, via, verità, e vita, innesta noi – tralci della vite divina – attraverso il battesimo in Sé, sacerdote e vittima della Nuova alleanza, e facendoci partecipi della sua morte e della sua resurrezione, ci rende uomini nuovi.
È solo con Cristo, sorgente di acqua viva, che potremo camminare verso il Padre. Non si può arrivare al Padre se non attraverso Cristo perché non esiste grazia che non sia «gratia Christi», cioè, meritata da Cristo. Infatti, secondo alcuni teologi, tutta la grazia esistente sin dalla creazione del mondo (anche quella degli angeli) è «gratia Christi» in quanto il Padre «ha guardato alla croce» o quanto meno al Cristo che si sarebbe incarnato. Cristo dunque è via obbligata, verità, vita, pontefice (in quanto fa da ponte tra noi e il Padre) e mediatore (perché media il nostro ritorno al Padre).
Nella parabola del figliol prodigo il fratello buono si oppone al ritorno del fratello che si è allontanato. Nella parabola della vita spirituale (intendendo con questo termine non un tipo di racconto ma di curva di ritorno) è invece il fratello buono che viene accanto a noi poveri peccatori e ci aiuta. La figura di Cristo dunque è essenziale alla nostra santità e alla nostra salvezza. Senza l’amore di Cristo non possiamo arrivare al Padre; quanto più ci uniamo a Cristo tanto più arriviamo al Padre.
Di qui si comprende il perché della centralità dell’Eucarestia e l’importanza della devozione eucaristica nel cammino della vita spirituale: quanto più rimaniamo uniti a Cristo tanto più arriviamo al Padre.
Cristo è reale nella Eucarestia in un modo unico perché fisicamente presente, ma è anche presente però al di fuori dell’Eucarestia, tra quanti sono riuniti nel suo nome (dove due o tre sono riuniti, Mt 18, 20) nella Parola sacra.
Vivendo accanto a Gesù Eucarestia ci trasformiamo in Lui e, attraverso Lui, arriviamo al Padre: Philippe, qui videt me videt et Patrem meum, Filippo, chi vede me vede il Padre mio (Gv 14, 9).
Noi siamo inoltre condotti dallo Spirito Santo, per una compresenza obbligata; Cristo stesso ce ne ha parlato: è meglio che io me ne vada, perché se io non vado via lo Spirito Santo non verrà a voi (Gv 14 e 16). La santità, dunque, che ci porta al Padre attraverso il Figlio e attraverso lo Spirito Santo, sarà una santità trinitaria.
Gesù ci parla più volte dello Spirito Santo: Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce; voi lo conoscete perché Egli dimora presso di voi e sarà in voi (Gv 14, 16).
Questo testo presenta lo Spirito Santo frutto della preghiera al Padre. Gesù infatti prega per noi perché il Padre ci mandi lo Spirito Santo che è l’altro Consolatore. Consolatore non è semplicemente colui che consola ma è il consigliere, l’avvocato e quindi colui che dà forza e consolazione; e non è fuori di noi ma è sempre con noi: perché rimanga con voi per sempre. (ivi).
Cristo Uomo-Dio, ritornato al Padre, è tra noi nell’Eucarestia, ma è fisicamente dentro di noi solo nel momento eucaristico sacramentale (è qui che appare l’importanza del ringraziamento alla Comunione) mentre lo Spirito Santo è sempre dentro di noi. Anche S. Paolo parla esplicitamente di tale presenza: voi siete il tempio di Dio e lo Spirito Santo abita in voi; non vogliate contristare lo Spirito Santo che abita in voi.
La Scrittura dunque ci parla della presenza trinitaria in noi (verremo e porremo la nostra dimora in lui) e della sacralità del nostro corpo (voi siete tempio dello Spirito Santo), è il mistero della inabitazione trinitaria che viene ad avere un punto di riferimento particolare con lo Spirito Santo che è dentro di noi costantemente. È il duplice sacramento del battesimo e della confermazione che ci assicura questa presenza stabile dello Spirito Santo mentre l’Eucarestia dà una presenza, nel tempo, di Cristo.
S. Paolo ci dice nella lettera ai Romani e nella lettera ai Galati che lo Spirito prega dentro di noi con gemiti inenarrabili, grida al Padre ripetendo le stesse parole di Gesù: Abbà.
Dice ancora Gesù parlando dello Spirito Santo: Queste cose vi ho detto ancora quando ero tra voi, ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà in mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (ib. 14, 25-26).
Lo Spirito Santo viene allora ad avere una duplice funzione: ricordare quanto Cristo ha insegnato e completare il suo insegnamento cioè la rivelazione, la quale si conclude con Giovanni, l’ultimo degli Apostoli, appunto perché lo Spirito, rivelatore e fonte di verità, continua a rivelare agli Apostoli secondo la promessa di Cristo e quindi ne completa il messaggio. Si può concludere che i due grandi rivelatori sono dunque Cristo, parola incarnata, e lo Spirito, mentre la Chiesa è la depositaria di quanto Cristo e lo Spirito hanno rivelato.
Molte cose ho ancora da dirvi ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità. Nello Spirito Santo avremo la pienezza della verità. Quando però verrà lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera perché non parlerà da sé ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Tutto quello che il Padre possiede è mio, per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà.
Queste parole di Gesù lasciano intravedere il contatto inscindibile esistente tra Cristo, il Verbo, e lo Spirito, dimostrano come nella economia della salvezza-santità che Cristo è venuto a portarci, la figura dello Spirito Santo è essenziale e inducono ad una revisione circa lo spazio dato nella vita spirituale allo Spirito Santo.
Solo attraverso l’azione del Padre che attira, del Verbo Cristo Signore che è la via, verità e vita e dello Spirito Santo santificatore è possibile arrivare alla santità.
A questo, però, deve aggiungersi la componente umana per cui senza la collaborazione personale la santità non può essere raggiunta. Il Vangelo si esprime chiaramente: chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Mt 16, 24). La buona volontà e lo sforzo personale sono dunque elementi essenziali per la santità. S. Agostino diceva: «Colui che ci ha creato senza di noi non ci salverà senza di noi», tanto meno ci santificherà senza il nostro consenso e senza la nostra partecipazione.
L’espressione vuol dire che senza lo sforzo personale non si realizza progresso spirituale, mentre con lo sforzo personale questo è possibile.
C’è da notare però che non è detto che all’impegno in quanto corrispondenza alla grazia, debba automaticamente far seguito un progresso spirituale nel senso visibile, sensibile e macroscopico della parola, cioè come esperienza personale. Una cosa è infatti percepire che si progredisce spiritualmente e un’altra è il camminare dinanzi a Dio; certamente, però, sempre corrisponderà una crescita nella vita della grazia. Ai nostri occhi il nostro sforzo potrà anche apparire inconcludente, ma non così agli occhi di Dio, giacché, a volte, il Signore permette la mancanza apparente di successo per metterci in una situazione interiore di povertà e di umiltà in cui Egli internamente poi opera le meraviglie del suo amore. Si tratta di una dottrina capace di dare molto coraggio, perché da una parte spinge all’impegno e dall’altra, nell’ipotesi che noi ci accorgiamo di rimanere nei nostri difetti, nelle nostre imperfezioni e nelle nostre incapacità, invita a non scoraggiarsi ricordando che nella via della perfezione c’è un duplice mondo, il mondo visibile nostro e il mondo invisibile di Dio. Ciò che conta è il mondo invisibile di Dio, perché ad un momento prestabilito, a noi sconosciuto, il Signore fa esplodere il mondo invisibile dell’amore che Egli ha costruito dentro di noi e, di colpo, dà la percezione di essere ad un livello di maturazione, in precedenza neppure supposto, frutto di sforzi durati spesso anni e non sempre seguiti da successi; è l’esplosione improvvisa, del fiume sotterraneo dell’amore e della grazia di Dio che operava in noi.
a cura di Cristina Parasiliti


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