Beato Michele Rua (1837-1910)

Mirabile è Dio nei suoi santi


Siamo nella Torino della metà del secolo scorso, turbata dai fermenti politici e sociali e dai mutamenti succedutisi al ‘48, ma anche vivificata da una prodigiosa lievitazione di Santi: dal Cafasso, al Guanella, al Murialdo, a Don Bosco, a Faà di Bruno. A Porta Palazzo, zona periferica di mercati, il quotidiano rimescolio di un popolino immerso nei traffici, si accoppia alla presenza, tra poveri disadorni edifici, di ragazzi abbandonati a se stessi, privi di guida familiare e religiosa. Qui il giovane Don Giovanni Bosco impiantava la sua impresa apostolica. Il suo disegno, nato da profonda ispirazione, era ardito: avvicinare quei ragazzi, istruirli, soprattutto amarli, per trarre da essi la persona morale che vi sonnecchiava nascosta; per farli crescere moralmente e professionalmente, farli espandere al calore di una fiducia loro dimostrata, invece dell’abbandono, praticando un metodo educativo nuovo, non repressivo, ma comprensivo, non rigido, ma amabile; non distaccato, ma vivente dei loro stessi problemi. Dai ragazzi soli, potenziali emarginati o deragliati dalla società, trarre i cittadini di domani, e i nuovi apostoli della fede.
È qui, accanto a Don Bosco, nei primordi dell’Oratorio e della fondazione salesiana, che troviamo il ragazzo Michele Rua («Michelino», come lo chiamerà Don Bosco), nato povero anch’egli, come il suo provvidenziale maestro, in una famiglia di operai, provata da lutti e da malattie.
Ancora risuona il nostro filo d’oro: 1+1 la santità è contagiosa!
Sorprende ed edifica trovare questo ‘grappolo di santi’ come avrebbe amato chiamarli il servo di Dio Giaquinta. E ancor più il legame santo e fecondo del cuore di ‘Michelino’ con Giovanni Bosco.
La missione salesiana di Michele Rua comincia, secondo lo stile ben noto di Don Bosco, con un misterioso sogno profetico del santo. Al piccolo Michelino, che nel popoloso rione di Porta Palazzo, tra altri ragazzi, aveva avvicinato il santo chiedendogli una medaglina, Don Bosco aveva offerto il palmo della mano sinistra, mostrando di volerla tagliare con la mano destra, per dare a lui non un metallo simulacro, ma la metà della stessa mano. Qualche anno dopo, nel 1852, a Michele Rua, ormai avviato agli studi, diceva, ponendogli una mano sulle spalle: «Noi due faremo sempre a metà. Dolori, responsabilità, gioie, tutto sarà per noi in comune. Accetti Michelino?».
A metà. Don Rua farà davvero la sua vita con Don Bosco. Del santo egli sarà l’esecutore, l’interprete, il continuatore fedele e irreprensibile del programma religioso, educativo, sociale del Fondatore: sarà colui che presiederà all’espansione mondiale dell’istituto, dopo la morte del santo: soprattutto il custode dello spirito della Congregazione.
Il 25 marzo 1854, nella stanza di don Bosco, Michele fece la sua “professione” semplice: era il primo salesiano. A Valdocco sorgevano laboratori di calzoleria, di sartoria, di legatoria. Molti ragazzi vedevano cambiare la propria esistenza: alcuni poterono studiare, altri vi si radunavano la sera dopo il lavoro, altri ancora solo la domenica. Michele divenne il principale collaboratore del santo, nonostante la giovane età.
Nel novembre 1856, quando morì Margherita Occhiena, madre di don Bosco, Michele chiamò la sua ad accudire i giovani di Valdocco. Lo fece per venti anni, fino alla morte.
Il 28 luglio 1860 Michele Rua venne finalmente ordinato sacerdote.
Il dinamismo di Don Rua ricalcò quello di Don Bosco. Ma soprattutto la sua santità: povertà, ascesi, unione con Dio, amore delle anime, sacrificio di sé, sul modello di Cristo.
Don Bosco era spesso in viaggio per la Francia e la Spagna e don Rua gli era accanto. Nel 1884 la salute del fondatore ormai declinava e fu il Papa stesso a suggerirgli di pensare ad un successore. Don Rua il 7 novembre fu nominato, dal pontefice, vicario con diritto di successione.
La notte tra il 30 e il 31 gennaio 1888 era accanto a don Bosco nel momento del suo ritorno al cielo.
Il beato Michele fu un missionario instancabile, fedele interprete del sistema educativo preventivo. Visitò tutte le case salesiane, condivise nuove aperture di case salesiane (341 case in trenta nazioni), non mancarono prove e difficoltà in Ecuador, in Francia e anche nella nostra Liguria. Il beato, seppur consolato dalla dichiarazione della venerabilità di don Bosco, nell’aprile 1910, affaticato e a letto già da tempo, si ricongiunse con il suo don Bosco amato e imitato in vita.
Paolo VI beatificò don Michele Rua il 29 ottobre 1972.

Teresa Carboni


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