Duc in altum

Prendi il largo (Lc 5, 4) … chissà cosa intendeva dire veramente Gesù a Pietro in quel momento? Troppo spesso, infatti, ci siamo abituati a navigare con il pensiero ...


Prendi il largo (Lc 5, 4) … chissà cosa intendeva dire veramente Gesù a Pietro in quel momento?
Troppo spesso, infatti, ci siamo abituati a navigare con il pensiero critico, e ancor meno con la vita, sotto costa senza osare allontanarsi dalle sicure rive per guardare il mondo da un altro punto di vista, più ampio, senza limiti; da lì, se ci pensiamo bene, vedremmo la terra che si mischia con il Cielo e, sempre più spesso, questo ci fa paura, ci costringerebbe a fare i conti con un elemento in più, il Cielo – Dio – dai contorni poco definiti. Preferiamo, piuttosto, rimanere a riva, ignorando che sopra la nostra testa c’è l’azzurro infinito.
Ma l’invito di Gesù è molto di più, è un andare oltre e avere il coraggio di cercare a largo la Verità, tentare di afferrarla e riconoscerla amica della Fede, porta del Cielo. Si tratta quindi, anche, di scendere negli abissi di se stessi, fidandosi del Capitano, che conosce meglio di noi le profondità dei nostri mari, per scoprirli ricchi di vita, di Spirito, di santità.
Duc in altum – supera gli orizzonti, vai nel profondo, fidati del Padre e affronta le tue burrasche e la Verità – è una frase evangelica così intensa e rivoluzionaria tanto da ispirare diversi santi come Giovanni Paolo II:

Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni … fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8). Da duemila anni queste parole del Signore risorto spingono la Chiesa «al largo» della storia, la rendono contemporanea di tutte le generazioni, ne fanno il fermento di tutte le culture del mondo. […] L’altum verso cui la Chiesa deve andare, non è soltanto un più forte impegno missionario, ma prima ancora un più intenso impegno contemplativo (omelia, 24 maggio 2001).

Il Santo Pontefice con queste parole ci svela anche l’intrinseco nesso tra il Duc e la missione di ogni battezzato; tra l’Altum e la vita di preghiera che sostiene ogni nostro viaggio, come l’acqua sostiene la barca …
Anche il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, è stato affascinato da questo brano di Luca tanto da scegliere il Duc in Altum come proprio motto episcopale e linea guida per la spiritualità del Massimalismo:

È necessario credere, e sino in fondo. Non è fede da rivoluzione il tornaconto spirituale, il minimalismo morale, la vernice religiosa, la ripetizione di gesti non compresi, non amati ma solo eseguiti per forza di abitudine, il compromesso interiore, la meschinità di voler salvare la faccia del cristianesimo senza viverne l’anima, il contentarsi del minimo indispensabile, la falsa umiltà di non voler pretendere di fare cose troppo grandi o di cambiare il mondo, il desiderio di poter arrivare ad un angoletto di paradiso quasi fosse un piccolo pezzo di terra al sole acquistato a forza di sudori e di risparmi.
Questo tipo di cristianesimo, se analizzato con la lente del minimalismo spirituale, è più che sufficiente; se visto invece con quella della dialettica del massimo appare come la caricatura umana del divino, meraviglioso disegno dell’amore che Cristo è venuto a rivelarci
.

È infatti la Dialettica del Massimo che, si può dire, tinga di blu mare profondo questo numero di Aggancio, che attraverso le figure di santi come il giovane Nunzio Sulprizio, San Francesco di Sales e le stesse parole del Fondatore del Movimento Pro Sanctitate, padre Guglielmo, ci accompagneranno in questo viaggio oltre gli orizzonti del minimalismo spirituale, della mediocrità, per toccare la Santità del Cielo. Buona lettura!

Stefania Castelli


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