Alfie. Qualche nota a contorno.

La vicenda di Alfie, qualche breve nota a contorno. Supponiamo che essa sia abbastanza conosciuta dai lettori: un bambino inglese, non il primo, decretato a morte dal sistema giudiziario britannico ...

La vicenda di Alfie, qualche breve nota a contorno. Supponiamo che essa sia abbastanza conosciuta dai lettori: un bambino inglese, non il primo, decretato a morte dal sistema giudiziario britannico in applicazione delle leggi di quel paese. Si è scatenata intorno al piccolo una cospicua guerra mediatica, che ha avuto risonanze persino istituzionali, con la singolare concessione a lui della cittadinanza italiana per aiutare a rendere possibile il suo trasferimento al Bambin Gesù di Roma. Quante cose si potrebbero dire, se ne sono dette, e anche fatte. Appena il caso di osservare che si è totalmente d’accordo nel giudicare orrenda, e diciamolo pure satanica, una legge che consenta, a tacer d’altro, di interrompere le cure ad un minore incapace contro la volontà dei genitori, che sono gli unici ad avere voce in capitolo secondo la più elementare logica giuridica. E non entriamo in altre considerazioni solo per mancanza di spazio, ma ci siamo capiti. Qui è omicidio di stato, osceno e indifendibile: punto e basta.

Ecco una prima considerazione a contorno: io reputo del tutto positiva l’esistenza di gruppi di cattolici che, particolarmente sensibili sull’insieme di questi temi (fine vita, aborto, difesa della famiglia, ecc. ecc.: anche qui, ci siamo capiti) su di essi si mobilitino in vari modi, anche alzando la voce, come si dice. A me non piace quella teoria secondo la quale in casi come questo ci si deve rinchiudere nella preghiera e nel silenzio. Ma chi l’ha detto? Non è forse scritto che se taceranno questi grideranno le pietre? A non dire che eventi come la vicenda del piccolo Alfie hanno un enorme valenza “civile”, giuridica e politica: e mi piacerebbe che mi si spiegasse come si possa fare politica o chiedere giustizia stando zitti e riservatamente sottomessi.

Dunque parlare, e all’occorrenza anche gridare: esercitare pressione. Si, benissimo. Senza se e senza ma. Va bene. E le deduzioni? Andiamoci piano con le deduzioni, per favore.

Per esempio, la triste storia è avvenuta nel Regno Unito, che ha il poco invidiabile vantaggio di essere una specie di avanguardia di satana in questo come in altri settori dei temi sopra richiamati: ma in una prospettiva razionale, vomitare improperi contro la monarchia inglese considerandola essa (la monarchia) responsabile dell’omicidio di Alfie è, che dire?… Alquanto improprio. Non mancano esempi di repubbliche altrettanto “avanzate” (come dicono loro) su questi temi. E l’ultimo degli analfabeti sa quale sia il peso che la famiglia reale inglese ha sulla formazione delle leggi in quel paese: più o meno lo stesso che ho io.
Ancora: esercitarsi, sempre in occasione della mobilitazione Pro-Alfie, in dichiarazioni e interpretazioni storiche alquanto arrischiate sulla natura intrinsecamente malvagia di quel Paese in quanto “protestante” è (in una prospettiva cristiana, questa volta) alquanto dubbio, ad essere benevoli. Ma cose del genere si sono lette, eccome: e le si sono lette proprio perché io, condividendo la battaglia pro-Alfie, sui social e altrove, mi tenevo informato. (A margine: ma è mai possibile che non si comprenda come questo ideologizzare fanaticamente una battaglia sacrosanta ha come primo effetto quello di nuocere alla causa che si vuol difendere? Eppure sembrerebbe un concetto abbastanza facile da comprendere).

Infine, non è mancato chi ha approfittato della ghiotta occasione per levare (ancora!) vibranti accuse alla passività delle “alte gerarchie vaticane” e degli immancabili “cattolici adulti”. Mah! Il Papa ha ricevuto la famiglia del piccolo Alfie, ha pregato per lui senza tacerlo. Casualmente, l’ospedale in cui si voleva trasferirlo è un ospedale che qualcosa con il Vaticano ha a che fare, o no? Niente, non va bene in ogni caso. Si voleva forse una replica della cerimonia di Anagni, allorché il Papa in gran pompa scomunicò l’imperatore Federico Barbarossa? Stavolta scomunicando chi, la regina Elisabetta? Ma per favore. La cosa comunque non avrebbe salvato Alfie, mi pare, e la Regina Elisabetta non è tecnicamente in comunione con la Chiesa di Roma.
E quindi parlare sì, gridare anche: ma esercitarsi in forme di razzismo sulla intrinseca malvagità di tutto un popolo, o in arrischiate considerazioni costituzionali magari no, eh? Magari anche evitare di dire corbellerie sul conto delle “alte gerarchie vaticane”.
A me sembra – forse sbaglio, ma non credo – che accuse di questo genere provengano sovente da gente che passa buona parte del proprio tempo pubblico ad accusare altri cattolici di non esserlo abbastanza, o di esserlo in modo sbagliato. E che alla fine sia questo, spesso, il tema che interessa davvero. Ora, occorre dire con molta chiarezza che questo è un vezzo (!) molto diffuso tra i cattolici, almeno qui da noi, altrove non so, ma ho qualche sospetto. E di certo non sono solo i gruppi per così dire “specializzati” sui cosiddetti temi etici a lanciare pesanti bordate contro il “nemico interno”. Altrettanto avviene, e sovente, dall’altro fronte. Quello, per capirsi, che ritiene ad esempio che non aver emanato una legge sullo ius soli – alla quale io sono personalmente favorevole: anche se va costruita con razionalità e senza lasciarsi andare a proclamazioni ideologiche che fanno più danno che bene – renda l’intero passato parlamento italiano, e non parliamo del governo, una massa di anticristi votati a satana.

Anche qui: che ci sia dibattito, confronto, talvolta anche duro, fra gli stessi cattolici, non è necessariamente un male, stante che il pluralismo politico delle loro scelte è pacificamente ammesso, per esempio dal Concilio: ma che questo fenomeno si trasformi in demonizzazione ideologica degli interlocutori, in una specie di gara a chi è più cristiano, non solo è deprecabile, ma anche controproducente ai fini concreti che si vuole effettivamente raggiungere, come nel caso del piccolo Alfie, o perché no in quello di una più degna tutela dei tanti povericristi che arrivano “dal mare” o ai ragazzi “di serie B” nati e cresciuti in Italia.

Se poi si volesse andare oltre, sarebbe ben facile osservare che l’esercizio di queste accuse reciproche a tutto sembra assomigliare – per esempio alle roventi polemiche, seguite da infinite scissioni in quella sorta di chiesa che fu il movimento comunista mondiale – ma non allo spirito evangelico.

Però, non voglio aver l’aria, appunto, di insegnare ad altri come si è cristiani, e non lancio quindi tonitruanti accuse: osservo però con un certo sconforto il fenomeno, e cerco di pregare magari più del solito perché il Padre vegli sulla sua Chiesa; le stesse preghiere che al Padre rivolgo proprio in questo momento per il piccolo Alfie, il quale, mentre si chiudono queste righe, è stato separato, sembra, da alcuni strumenti che lo aiutavano a vivere, ma per ora, a dispetto delle previsioni, è ancora vivo e in una fotografia diffusa non so da chi, sembra quasi sorridere. Chissà se lo sarà ancora quando si leggeranno queste righe? Non sarebbe il primo caso in cui la “scienza”, che si presume infallibile, molto semplicemente, sbaglia. In ogni caso, pregare di più, e maledire di meno, anche senza tacere, mi sembra una via condivisibile.

Alberto Hermanin


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