La fraternità come ‘santa amicizia’

di Andrea Maniglia *

L’esperienza cristiana addita, tra vari modi tramite cui vivere l’amore di Dio, all’amicizia spirituale. Basti pensare, a ragione di ciò, alla stessa Parola di Dio nella quale l’amicizia ci viene presentata come un dono celeste. Dio premia il giusto col dono dell’amicizia.
Basti considerare il libro del Siracide dove è scritto: “Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele non c’è prezzo, non c’è peso per il suo valore. Un amico fedele è un balsamo di vita, lo troveranno quanti temono il Signore” (Sir 6, 14-16). Tra i tanti, autori spirituali e non, che hanno scritto a riguardo, di notevole importanza è il monaco cistercense di Rievaulx, Aelredo, conosciuto anche come “il Bernardo inglese”. Una figura degna di nota, che ha arricchito la storia della spiritualità occidentale. Per Aelredo di Rievaulx l’amicizia umana, se è spirituale, può essere un mezzo di amicizia con Dio. Nella sua opera, L’amicizia spirituale, Aelredo ricorda che essa, dunque, è una forma di amore; anzi, è amore: puro e disinteressato, pronto a gioire con l’amico, per l’amico. Un amore che nasce da Cristo, perché in certo qual modo è Cristo che ispira quest’amore con cui si amano gli amici e, al tempo stesso, che si offre come un amico da amare. L’amicizia nella Sacra Scrittura è un argomento vastissimo che ne attraversa tutte le pagine.
L’Antico Testamento è impregnato di storie di amicizia, basti pensare a quella tra Gionata e David o tra Rut e Noemi. Le sue parole ancora oggi suscitano nel cuore di quanti le leggono profonda commozione: «Perché dove andrai tu andrò anch’io; dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolta. Il Signore mi punisca come vuole, se altra cosa che la morte mi separerà da te» (Rt 1, 16-18). Nel Nuovo, poi, Gesù stesso definisce, il suo rapporto con gli apostoli e i discepoli: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto quello ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere anche a voi» (Gv 15, 15). Dio chiama l’uomo: amico, non più servo o schiavo. Nelle pagine evangeliche l’amicizia «appare profondamente incarnata» (cit. J. Galot, «L’amicizia, valore evangelico»). Cristo non ha avuto paura di mostrarsi amico di Marta o Maria; non ha temuto nel piangere per il loro fratello Lazzaro; Sant’Ireneo, commentando questo passo dirà che Gesù pianse come uomo e amico e lo resuscitò come Dio. Questo quadro ci aiuta, indubbiamente, ad entrare «nel calore dell’amicizia », intesa come «comunicazione con la vita divina ha come sorgente l’Amico» (cit. J. Galot, «L’amicizia, valore evangelico»).
Lo stesso Paolo esortava Timoteo a scegliersi degli amici che amino il Signore e abbiano cuori puri (cit. 2Tm 2, 2). Scriveva Thomas Merton che «l’amicizia con l’altro è un’epifania dell’amicizia con Dio», perché un’amicizia che unisce strettamente a Cristo non può non irradiare Dio agli altri.
Sono fermamente convinto che il cammino verso la santità non si percorra da soli. Abbiamo bisogno anche noi di qualcuno con cui condividerlo. Nella storia della Chiesa non è raro vedere intrecci di santità e d’amicizia. Basti pensare a Chiara e Francesco, Luisa de Marilliac e Vincenzo de Paul, Francesca Frémyot di Chantal e Francesco di Sales, Cleonice Morcaldi e Pio da Pietrelcina, Maddalena Carini e Candido Amantini, e l’elenco è ancora abbastanza lungo.
Credo, inoltre, che riflettere su questo argomento ci aiuti a riappropriarci di un’immagine più vera dei santi, avvicinandoci alla loro relazione in Cristo, lontano da fantasie e romanticismi.
È insieme che dobbiamo imparare a camminare verso Dio e verso la santità, avanzando nella retta fede, progredendo, così verso Lui.
Al presente seguiranno altri articoli che cercheranno di presentare storie di amicizia spirituale. Storie che ci riportano al cuore delle cose quotidiane, perché ognuno di noi, come i santi del resto, ha bisogno di “lidi” su cui le onde tempestose del mare della nostra vita possano riversarsi. Perché come ebbe a scrivere il grande Ipponate: «In questa convivenza umana assai colma di errori e di sofferenze ci confortano soltanto la fede non simulata e la solidarietà dei veri amici». Sviscerando queste storie di amicizia vedremo come l’amicizia si nutre di fiducia, perché «un amico fedele è come un rifugio sicuro» (Sir 6, 14), nel quale riversare quanto il Signore comunica e dona.
Concludendo: avevamo già citato, all’inizio, Aelredo di Rievaulx, il monaco cistercense del XIII secolo; ebbene egli affermava che «un amico che prega Cristo per conto dell’amico, e desidera essere esaudito da Cristo per amore dell’amico, finisce per dirigere su Cristo il suo amore e il suo desiderio… In questo modo da quell’amore santo con cui si abbraccia il proprio amico, si sale a quello con cui si abbraccia Cristo». Queste parole ci aiutano a riflettere che l’amicizia è una grazia, un dono soprannaturale.
Essa ci insegna ad amare, ci prepara ad essere compassionevoli.
Potremmo quasi dire che essa sia il dono per eccellenza che Cristo fa a noi. Se per un attimo ci fermassimo e provassimo a rileggere il Vangelo, noteremmo che il filo conduttore del suo insegnamento è proprio questo: l’amore fraterno, l’amicizia.
L’amicizia è amore. E l’amore è il solo sentimento esistente fra i cristiani, l’unico per cui valga la pena sperare. L’amore è Dio!
*Docente di Religione Cattolica, autore di biografie di testimoni di santità

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