Serva di Dio Leonella Sgorbati

I santi ci sono ancora

«C’è una pallottola con scritto sopra il mio nome e solo Dio sa quando arriverà». «Perdono, perdono, perdono». Queste due frasi esprimono la misura alta della vita di Sr Leonella, vita relativamente breve, stroncata da una pallottola mentre era missionaria in Somalia. La quotidianità oblativa e il perdono dato in extremis illuminano tutta la sua vita con i bagliori della santità desiderata e vissuta nell’attività difficile e feconda di ogni giorno.

Rosa Sgorbati (questo il suo nome al secolo) nasce a Rezzamello di Gazzola (Piacenza), ultima di tre figli ed ultima nel numeroso clan familiare dedito all’agricoltura; la vita era semplice e monotona, priva della leggerezza tipica dell’infanzia. Quella dedizione al lavoro e al sacrificio era, però, accompagnata e sorretta dalla fede. La piccola Rosa, infatti, viene battezzata il 9 dicembre 1940, nel giorno stesso della sua nascita. Nei primi anni del dopoguerra il padre, sperando di migliorare le condizioni economiche, trasferisce la famiglia alla periferia di Milano e quel primo distacco e l’arrivo in una città “piena di gente indaffarata” segna l’animo della bambina. Ma era già in agguato il vero grande dispiacere: la morte del padre. Si decide, quindi, di affidare Rosa alle cure delle suore in un collegio e lì la direttrice le regala un “libricino”: il Vangelo. Rosa passa molto tempo in cappella leggendolo e sempre più si sente attratta dai valori che le vengono proposti da quella lettura.

Un giorno vive l’esperienza chiave della sua vita: “mi sono sentita abitata in quel giorno di aprile 1952, Tu mi hai tenuta in Te, mio Signore, oppure sei rimasto tu in me… mai più sola… abitata…”. Al ritorno in famiglia, dopo le classi commerciali, mostra una maturità personale e di intenti: desidera essere una suora missionaria. Ottenuto il consenso, entra nell’Istituto delle Suore Missionarie della Consolata fondato dal canonico Giuseppe Allamano e dedito esclusivamente alla missione ad gentes, affidato dal fondatore alla Madonna della Consolazione, molto venerata a Torino. Secondo il Beato Allamano, la missione risponde prima di tutto al desiderio di Dio che si consoli chi soffre con le opere e anche solo, in alcuni casi, con la vicinanza, la condivisione, l’affetto.

Al momento della vestizione solenne Rosa cambia il nome in Leonella, per indicare l’inizio di una vita totalmente rinnovata. Abitata da una grazia che la guida ad una consacrazione e donazione sempre più impegnata e generosa, viene presto mandata in Inghilterra per intraprendere studi infermieristici.

Consegue brillantemente nel 1969 il diploma di Stato Eurolled Nurse e nel 1970 conclude il corso di Widwifery. Il suo tempo è da qui in poi vissuto intensamente tra formazione religiosa e missionaria, studio e tirocinio negli ospedali; usa i pochi giorni di riposo per vivere la vita comunitaria con passione fraterna. La prima destinazione da missionaria è il Kenya e inizia subito – non senza sforzo e sacrificio – il processo di inculturazione, del quale diceva: “era un po’ come calzare scarpe nuove che, fino a quando non prendono la forma del piede stringono e fanno male ma poi, per fortuna, diventano comodissime”.

Questo processo riuscì a tal punto che qualcuno le diceva: “Dio è buono come una mamma. Voi missionari e tu in particolare, ce lo fate capire”.

Il lavoro a ritmo serrato si svolge nell’ospedale con annessa la scuola per infermieri. Sr Leonella cura il reparto maternità: cento posti letto, un numeroso gruppo di allieve e tirocinanti. La crescita spirituale, professionale e comunitaria è tale che nel 1993 viene scelta come rappresentante al Capitolo Generale dell’Istituto dove dà il suo contributo di esperienza ormai ventennale di missione in Africa e individua, insieme alle altre capitolari, cammini e progetti per il futuro.

Viene nominata Superiora regionale e, nelle visite alle varie comunità, insegna come realizzare gli ideali indicati dal fondatore: “bisogna avere tanta carità da donare la vita. Noi missionarie siamo votate a dare la vita per la missione”. Sr Leonella, avendo profondamente interiorizzato questo concetto, era instancabile nel lavoro, nella cura per gli altri, nell’attenzione data anche al più piccolo dei problemi. Inviata in Somalia, terra dilaniata da dieci anni di guerra civile, trova una situazione in cui le suore lavorano gratuitamente nell’unica struttura sanitaria di Mogadiscio e, anche per attraversare la strada che le divide dall’ospedale, devono essere scortate. Sr Leonella accoglie con entusiasmo il lavoro di formazione infermieristica in ambito pediatrico: le sfide sono tante poiché da dieci anni non si formavano infermieri e medici in Somalia. In quegli anni aiuta a nascere circa 4.000 bambini.

Il 17 settembre 2006, mentre torna a casa, è colpita – insieme alla sua scorta – da una raffica di mitra. Uniti nello spargimento di sangue, rimangono sulla strada una suora cattolica e l’uomo che la scortava, un padre di famiglia musulmano.

Inutile il ricovero in ospedale e la generosa offerta di sangue da parte della gente.

Dalla testimonianza di una consorella conosciamo gli ultimi istanti della sua vita: «non c’era in lei segno di paura o tensione, nemmeno ansia, ma una grande pace. Si vedeva che voleva dire qualcosa di importante che le stava a cuore e con un fil di voce disse: “perdono, perdono, perdono”».

Rita Mottola di Amato

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