San Pio da Pietrelcina

Il santo che ha “patito” la misericordia di Dio- ANNO DELLA MISERICORDIA

“Padre Pio, caro Papini, è un cappuccino ignorante, molto meridionalmente grosso: e tuttavia (badi che oltre a confessarmi ho mangiato con lui e con lui mi sono trattenuto molto) ha con sé e in sé quel Dio tremendo che noi intravediamo in fantasia, e lui nell’anima caldissima insostenibilmente e nella carne che ne trema sempre, piagata ora più ora meno, gemendo atrocemente. Proprio ho veduto che cosa sia il santo, non dell’azione ma della passione: che patisce Iddio” (don Giuseppe De Luca a Giovanni Papini).

Molto significativa questa esperienza di don Giuseppe De Luca, sacerdote e illustre letterato che scrive a Giovanni Papini anche lui illustre scrittore.

San Pio da Pietrelcina è un santo troppo noto per poter dire qualche cosa di nuovo su di lui, affidiamo però alla nostra devozione questo ricordo. Siamo anche felici di dire a tutti che la prima preghiera di intercessione su di lui è stata composta dal Servo di Dio Guglielmo Giaquinta da poco consacrato vescovo e destinato alla diocesi di Tivoli.

Sono tanti i consigli, le esortazioni e anche qualche rimprovero che padre Pio riservava a suoi figli spirituali; ne scegliamo alcuni.

“Prega, spera, non agitarti. Iddio è misericordioso e ascolterà la tua preghiera.” “Consoliamoci che siamo amati tanto ed Egli provvederà da se stesso a difenderci sempre”. “La divina bontà non solo non rigetta le anime pentite, ma va alla ricerca anche delle anime ostinate”. “Abbi una grande confidenza nella sua misericordia e bontà, che egli non ti abbandonerà mai, ma non lasciare per questo di abbracciare bene la sua santa croce”.

Molto simpatico l’incontro di padre Domenico Mondrone S.I. che ci racconta nella fortunata serie de I Santi ci sono ancora, volume I, edizioni Pro Sanctitate.

“Non ricordo con precisione la data della prima volta che andai a San Giovanni Rotondo; ma dovette essere verso la fine degli anni quaranta, quando era appena terminata la sola costruzione muraria della Casa Sollievo della Sofferenza.

Padre Pio, con un affettuoso sorriso di accoglienza e una mano sulla mia spalla: venga, venga qui e mi condusse in una piccola veranda. Le prime battute del dialogo furono piuttosto banali: io ero emozionato e il povero Padre non aveva nulla di interessante da chiedermi. Le solite domande di un incontro occasionale improvvisato. Quando mi accorsi che il colloquio stava per cadere “sono venuto da lei col proposito di confessarmi”. Qui passando dall’italiano al dialetto “E pecchè t’è confessà?”. “Mi confessi padre” e senz’altro mi inginocchiai sul pavimento tenendomi appoggiato al tavolo. Egli mi benedisse e si accinse ad ascoltarmi tenendosi la fronte e il volto tra le mani grosse e coperte dai mezziguanti.

Una confessione come tante altre, durata solo qualche minuto, alla fine poche parole di consiglio, la penitenza e la assoluzione.

Padre Mondrone racconta di aver detto a san Pio da Pietrelcina che doveva affrettarsi a prendere il pullman per scendere a Foggia. Padre Pio ne fu contrariato e gli domandò perché doveva scappare così presto; lo condusse a vedere una parte della Casa del Sollievo della Sofferenza e lo intrattenne fino a quando non si udì il segnale di partenza del pullman. “il padre con un sorriso fanciullesco e malizioso: Va’, va’ …. currele appriesso”.

Terminiamo questo breve ritratto, con la speranza di avervi messo tutta la nostra profonda devozione, con un pensiero-sintesi del Beato Paolo VI “era un uomo di preghiera e di sofferenza”

(Paolo VI ai Definitori Generali dei Cappuccini, 20 febbraio 1971).

San Pio e il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta

Quando al principio della fondazione (era il 6 aprile del 1947, ndr) avevo tanta incertezza e tanta paura nel cuore, anche perché comprendevo approssimativamente dove io cominciavo ma non capivo dove si andava a finire, intuivo le difficoltà che nel percorso avrei potuto incontrare, ero un giovincello e questo mi metteva paura e allora decisi di andare da Padre Pio. “Chissà che Padre Pio non mi illumini su cosa devo fare”. Avevo dei pezzi di carta in cui avevo scritto qualche cosa di tutto questo ideale (Pro Sanctitate) e andai da Padre Pio. Allora andare in treno a Foggia non era uno scherzo, dopo una notte insonne arrivai da Padre Pio, gli feci capire che avevo un po’ di fretta perché dovevo tornare a Roma, al mio lavoro, e lui si mostrò un pochino seccato e io ci rimasi un po’ male. E allora io timido timido gli esposi il mio programma, il mio desiderio e poi gli chiesi: “Padre, che devo fare, devo cominciare oppure no?”. E lui secco secco: “E che aspetti. Comincia, comincia”. Io avevo questi foglietti e con mano tremante: “avrei scritto qualche cosa…”. “Ma sì, pressappoco, pressappoco”.

E fu profeta perché evidentemente da quei primi foglietti, che ormai neppure so che fine hanno fatto, a quelle che sono le cose scritte e ormai regolarmente negli istituti e nel Movimento c’è un abisso. Quindi Padre Pio vide lontano dicendo: “pressappoco”.

(ripreso da conferenza di G. Giaquinta, a Salerno, 11 aprile 1991)

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