Vita consacrata: chiamati a prendere il largo

VITA ECCLESIALE

Il 2 febbraio 2016 – XX Giornata Mondiale della Vita Consacrata – segna il termine dell’Anno della Vita Consacrata. Nel corso dell’anno, i consacrati e le consacrate hanno cercato di vivere la dimensione della gratitudine e della speranza per essere profeti in un mondo in continuo divenire.

È emerso quanto di bello e di buono Dio ci dona, chi siamo e chi siamo chiamati a diventare: consacrati con ‘il cognome di Dio’ (Papa Francesco, Angelus, 1 novembre 2015). Ora è tempo di accogliere l’invito, più volte ripetuto da Papa Francesco, a prendere il largo. È tempo di essere portatori di misericordia, trasparenza del volto di Gesù, braccia della misericordia del Padre. Consacrati chiamati a prendere il largo: sì, ma come?

Sulla Tua Parola

«Il bene tende sempre a comunicarsi» (EG 9). La gioia di vivere la vocazione alla Vita Consacrata ci spinge a comunicare agli altri l’amore di Dio per ogni uomo, ad essere testimoni gioiosi della chiamata che abbiamo ricevuto e a viverla ogni giorno più intensamente, con una profondità sempre maggiore, con la coerenza e l’umiltà di una quotidiana conversione. La Parola, che ogni giorno ci accompagna e guida il nostro cammino, è luce e verità, illumina, evidenzia gli angoli bui del nostro cuore, ci chiede di eliminare il male e di tendere al bene, con serietà e responsabilità, con la consapevolezza di chi ha una missione da compiere: fare di Cristo il cuore del mondo. E in che altro modo tutto ciò si può realizzare se non facendo di Cristo il centro del nostro cuore, dei nostri desideri, dei nostri pensieri? In che modo, se non desiderando il bene e rifiutando il male, avendo come unica ‘ambizione’ quella di diventare santi insieme ai nostri fratelli? Come, se non accogliendo la povertà materiale e spirituale, accettando di non possedere nulla, di dipendere dagli altri, e – a nostra volta – vivendo per gli altri, avvertendo la responsabilità che altri dipendono da noi, dalla nostra vita, dal nostro modo di comportarci?

La Parola ci interroga e ci viene in aiuto: «Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55, 10- 11). La Parola produce un effetto in ciascuno di noi, è pioggia che cade sulla nostra povera umanità e spegne i desideri disordinati del cuore; mentre bagna, irriga e fa crescere il bene. Sì, Signore, si può prendere il largo sulla Tua Parola.

Con il Tuo cuore

«Poiché l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti» (2Cor 5, 14). Come consacrati siamo chiamati a trasformarci, sempre di più, ad immagine di Cristo, custodendo il cuore, scegliendo di amare Lui in ogni fratello ogni giorno, scegliendo come famiglia la famiglia umana e come sposo Cristo-Sposo. In questo mistero d’amore i sentimenti di Cristo diventano i nostri sentimenti, il suo cuore diventa il nostro cuore, la sua misericordia la nostra misericordia. Solo così possiamo mostrare al mondo – nel volto di Cristo – il volto della misericordia del Padre, donando il perdono, che è la concretezza dell’amore, donando la vita come Gesù, che ha donato tutto e perdonato tutti. Nell’Anno della Misericordia che stiamo vivendo l’accento è sempre posto sull’«essere»: non tanto ‘fare’ ma ‘essere’ misericordia, perché se incontriamo un povero non ‘facciamo’ la carità ma ‘siamo’ carità, cioè segno dell’amore di Gesù per lui. Nel fratello che è solo, malato, in carcere, incontriamo il volto di Gesù solo, malato, carcerato, consapevoli che sono sempre il piccolo e il povero che hanno qualcosa di bello e misterioso da donare, che solo insieme a loro troviamo la strada che conduce al Padre. Si può prendere il largo solo se si ha il cuore di Cristo.

Con il tuo sguardo

«Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43, 16). Avere il cuore di Cristo significa anche vedere il mondo con i suoi occhi, vedere l’altro non come qualcuno da possedere o da comandare, ma come una persona su cui Dio ha risposto la sua fiducia e aiutarlo a crescere. Vuol dire saper mettere da parte i propri ragionamenti, le paure, fidarsi dell’altro e, insieme, camminare verso la santità. Significa offrire la vita perché altri siano santi e condividere con Gesù il suo desiderio di santità per il mondo intero. Significa accompagnare, amare, soffrire e gioire con l’altro, comprendere le sue aspirazioni di bene e accogliere i suoi fallimenti, costruire comunità ‘a misura del cuore di Cristo’, case dove l’amore trinitario è l’unica regola e norma dell’agire; imparare a dialogare per cercare – in ogni situazione – il vero bene, la volontà di Dio. Vuol dire imparare a guardare con gli occhi di Cristo il fratello che non abbiamo scelto, quello che non avremmo mai cercato, quello che è diverso da noi, da come lo vorremmo, da come pensiamo che dovrebbe essere. Così diventiamo capaci di vedere gli altri con lo sguardo di amore di Dio.

Prendere il largo nella XX Giornata Mondiale della Vita Consacrata è rispondere al desiderio di bene e di santità custodito nel cuore di Cristo, continuare a scoprirlo insieme agli altri giorno per giorno, cercare, desiderare, lavorare per costruire un mondo di santi e di fratelli:

«Donaci di essere per gli altri,

tuoi e nostri fratelli,

la tua luce, il tuo cuore, le tue mani

e di poter con essi camminare verso di te

e giungere così al Padre».

(da Apostoli di fraternità, Guglielmo Giaquinta)

Vittoria Terenzi

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