Gesù narratore vivente del Padre

SCRITTI DEL FONDATORE - Guglielmo Giaquinta

Non siamo noi a narrare Dio ma è Lui che prima di tutto ci narra se stesso, ci fa intravedere i tratti del suo volto attraverso tutto quanto passa nella persona di Gesù.

Questa pagina di riflessione, tratta da un ritiro di G. Giaquinta, e poi pubblicato in un libretto che aiuta meravigliosamente ad entrare nel rapporto amorevole e confidenziale con il Padre, ci introduce in una sensibilità e in una ricerca essenziali in ogni cammino di santità: immergersi in Cristo per scoprire quanto in lui Dio ci regala di sé, e quanto ci avvicina alla sua persona.

 

Abituiamoci a vedere il Padre in Gesù. Chi conosce Gesù conosce il Padre, chi vede Gesù vede il Padre. La centralizzazione cristologica, che si è avuta all’inizio del Cristianesimo e poi sempre durante i secoli, trova la sua spiegazione.

È vero che c’è dentro di noi quest’esigenza, questo bisogno, come c’è in Filippo, di vedere il Padre; ma se il Padre è l’Ineffabile, l’Invisibile, l’Onnipotente, l’Immenso, è anche vero che Egli è voluto venire in mezzo a noi e diventare carne come noi, voce come noi, proprio perché, non potendolo vedere direttamente, lo potessimo vedere attraverso Cristo. Il problema del vedere il Padre si risolve dunque nell’ascoltare il Figlio.

Che cosa Gesù ci dice del Padre? Chiediamogli di far ‘vedere’ anche a noi il Padre: un vedere profondo che significa un conoscere la sua realtà meravigliosa, inserirla nella nostra vita e insieme trasferire la nostra vita in questa realtà.

Che cosa ci risponde Gesù? “Guardate a me, pensate a ciò che io vi ho detto del Padre”.

“Guardate a me”. Chi è Cristo? Potremmo dire, con una parola sola, che è l’icona del Padre.

L’icona non è una fotografia, un’immagine, un ritratto; l’icona non è semplicemente una figurazione artistica, che indubbiamente ha il suo valore. Noi la intendiamo nel suo significato mistico, spirituale, profondo, come una realtà umana e soprannaturale che tenta in qualche modo di rappresentare visivamente il divino. L’autore dell’icona prega, digiuna, usa colori benedetti, per riuscire a incarnare in qualche modo nella sua opera – anche se tecnicamente non perfetta, anche se stilisticamente povera – l’intuizione del divino.

C’è, nella realtà dell’icona, quasi una ripetizione del grande mistero di un’altra icona, che è Gesù nel seno di Maria. Anche lì, in una forma trascendente, sublime, unica, noi troviamo questa composizione perfettamente armonica del divino con l’umano e lo Spirito Santo che si posa come ombra sull’umano, su Maria: l’icona che ne nasce è Gesù.

Sia la Lettera agli Ebrei sia il libro della Sapienza hanno cercato in qualche modo di rappresentarci almeno qualche tratto di questa icona che è Gesù.

La Lettera agli Ebrei definisce Gesù “irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza”. Il volto del Padre è un volto splendente, è un volto di gloria, è come il sole; non possiamo fissarlo altrimenti perdiamo la vista, ma cogliamo i suoi raggi che ci danno la vita. E così Cristo Gesù è l’irradiazione della gloria di Dio, del volto del Padre, è come il sigillo che il Padre pone nella nostra vita.

Il libro della Sapienza (secondo molti esegeti il testo si riferisce a Cristo e non allo Spirito Santo) descrive così questa icona: “È un’emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente, per questo nulla di contaminato in esso s’infiltra. È un riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà”. Credo che non potrebbe esserci descrizione più accurata, più bella, più completa di questa della Sapienza, relativa al volto di Gesù.

In che modo possiamo conoscere Gesù, icona del Padre? A me piace pensare, e credo di non essere troppo lontano dalla verità, che ogni volta che un artista, un poeta, un pittore, uno scrittore, comincia a fare qualcosa che riguarda Gesù, a dipingerlo, a poetarne, a scriverne, lo Spirito Santo gli sia particolarmente vicino perché in qualche modo quella pittura, quella scultura (pensate alle sculture del ‘500, pensate a un Michelangelo, a un Raffaello) riescano a esprimere il volto di Gesù che è il volto del Padre. Anche queste opere diventano una icona umana di Gesù e quindi del Padre.

(G. Giaquinta, da Il Volto del Padre, 1990)

a cura di Cristina Parasiliti

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