Ulisse Amendolagine e Lelia Cossidente

TESTIMONI DI SANTITÀ

È una bella storia di santità quella di Lelia Cossidente e Ulisse Amendolagine, una santità profondamente vissuta nella dimensione quotidiana e familiare, che trova le sue radici nella chiamata battesimale e nella grazia del sacramento del matrimonio.

Nati entrambi nel 1893 – Ulisse a Salerno e Lelia a Potenza -, si trasferiscono con le rispettive famiglie a Roma, inserendosi nelle parrocchie di appartenenza. Nel 1917 Ulisse si laurea in Giurisprudenza e tre anni dopo inizia a lavorare presso la Direzione Generale Demografica del Ministero dell’Interno. Lelia nel 1913 consegue la licenza normale, insegna in una scuola elementare nel quartiere San Lorenzo, lavora come cassiera in una bancae, infine, per dieci anni è impiegata nella biblioteca del Magistero statale di Roma.

Si sposano il 29 settembre 1930 nella Parrocchia di Santa Teresa e entrano a far parte più attivamente della famiglia parrocchiale, lui nel Terz’ordine Carmelitano (Ordine Secolare) e lei nella confraternita del Santo Scapolare (Madonna del Carmine).

“A rinsaldare l’intesa tra quei due cuori, oltre alle qualità umane fu soprattutto la scoperta reciproca di una fede che costituì il punto di forza della loro unione coniugale”. Giorno dopo giorno, nelle piccole e grandi vicende della vita, scoprendo e accettando in pieno la Volontà di Dio, danno testimonianza di grande fede, permeando di essa il proprio ambiente familiare e di lavoro.

Lo testimoniano le pagine del loro “epistolario” in cui emerge la fede semplice e schietta dei coniugi e ancor più delle parole l’apertura stessa di Lelia e Ulisse alla fecondità dell’amore sponsale: nei confronti dei cinque fi gli, che seguirono sempre attraverso un dialogo continuo con gli educatori, ma anche nell’attenzione costante verso gli altri, nelle loro necessità materiali e non solo.

La guerra mette a dura prova l’intera famiglia: i bombardamenti, la fuga da Roma come sfollati in un paesino d’Abruzzo (Cappadocia), la messa a riposo d’ufficio durante l’occupazione tedesca, il rifugio e nascondimento nel Seminario Romano Maggiore, la paura dei rastrellamenti e ritorsioni tedesche, ma soprattutto la mancanza del necessario per sopravvivere, non scoraggiano i due sposi che raddoppiano la loro fiducia nella Provvidenza Divina. La preghiera diventa sostegno efficace e a volte miracoloso nelle difficoltà più grandi.

Accolgono con serenità, le malattie e le prove che visitano la loro famiglia, sempre sicuri della benevola mano di Dio che guida ogni avvenimento per il bene.

Nel 1951, dopo due anni di sofferenze per un tumore, Lelia si spegne. Ulisse, colpito da paresi mentre lavora nel suo ufficio, vive per diciotto anni nella solitudine della vedovanza e muore nel 1969, confortato dai sacramenti amministrati dai due figli sacerdoti, il 30 maggio 1969.

Sposi, genitori e apostoli, in cui traspare con naturalezza e in ogni circostanza della vita la presenza di Dio, Lelia e Ulisse appaiono splendidi modelli di dedizione professionale e familiare, santificati nel matrimonio, con una vita ordinaria vissuta alla luce della Parola del Signore, sostenuta dall’Eucaristia e dallo sguardo amoroso di Maria, quotidianamente invocata, perché “copra col suo manto” genitori e figli.

In un mondo che insidia il fondamento e gli ideali del matrimonio e della famiglia sono un modello di santità laica e familiare soprattutto a conforto e sostegno della visione cristiana della vita. Senza paura ci esortano a seguire Gesù e il Vangelo come rimedio agli inevitabili turbamenti familiari. Ci invitano a confidare nella Divina Provvidenza ancora di salvezza nelle difficoltà anche più grandi.

Nel 2004 la Chiesa ha avviato la loro causa di beatificazione.

Il Processo di beatificazione in fase diocesana si è chiuso il 24 maggio 2011.

Gli anni non hanno affievolito il ricordo, anzi la testimonianza di questi due sposi è più che mai vivo anche al di fuori della cerchia di parenti. Per tutti noi la loro vita è esemplare, specialmente per due ragioni. In primo luogo, il modo in cui essi hanno interpretato la vocazione e la missione di educare cristianamente i loro cinque figli. In secondo luogo, l’esempio di vita offerto durante il periodo della sofferenza che non ha risparmiato la famiglia Amendolagine. Lelia ed Ulisse hanno vissuto la sofferenza illuminati da una fede profonda, nella certezza di avere Dio, la Vergine ed i santi al loro fianco, sicuri di ricevere, al termine della vita terrena, il premio eterno. “Risorgeremo” è l’epitaffio che Ulisse ha fatto scrivere sul luogo dove le loro spoglie attendono il compimento dei tempi.

Card. Camillo Ruini, 18 giugno 2004

 

a cura di Mirella Scalia e alcune informazioni riprese da:

http://www.vicariatusurbis.org/amendolagine/index2.htm

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