Josef Mayr-Nusser -(1910-1945)

Martire della libertà di coscienza

 

Nasce a Bolzano/Bozen il 27 dicembre 1910, da una famiglia di viticoltori; educato ad una religiosità semplice e profonda, cresce nel sano ambiente contadino dove la porta era sempre aperta per i bisognosi. Orfano di padre e con il fratello maggiore Jakob in seminario, Josef sceglie la scuola commerciale per trovare più facilmente lavoro. A diciotto anni viene assunto come cassiere dalle Manifatture Eccel di Bolzano. Presta servizio militare nell’artiglieria di montagna, prima in Piemonte e poi in Sardegna. Nel 1933 Josef è tra gli aderenti del primo gruppo giovanile dell’Azione Cattolica bolzanina e, nonostante l’indole taciturna, grazie allasua preparazione e alla profondità dei suoi interventi che richiamavano con forza alla necessità della testimonianza, è eletto presidente della sezione maschile dei giovani di A.C. di lingua tedesca dell’arcidiocesi di Trento. “Dare testimonianza è oggi la nostra unica arma, dobbiamo essere testimoni prima di diventare annunciatori della Parola e delle opere, vogliamo anzitutto tentare di essere cristiani in tutto e per tutto. Lo diventeremo accostandoci agli altari. Su di essi c’è la Parola e il Corpo di Cristo. In essi riposano le ossa di quelli che furono i testimoni di Cristo fino alla morte”. Non erano tempi facili per l’Azione Cattolica che, pur essendo stata formalmente riconosciuta dal Concordato del 1929, era spesso violentemente osteggiata dal regime fascista che pretendeva di essere l’unica agenzia educativa e plasmatrice delle coscienze della gioventù italiana. Josef cerca di approfondire la propria formazione spirituale ed intellettuale e rimane conquistato dalla opere scritte dal carcere da San Tommaso Moro, ministro del re d’Inghilterra, il quale preferì morire piuttosto che venir meno alla libertà della propria coscienza. Dotato di particolare sensibilità verso i poveri si entusiasmò per la figura del beato Federico Ozanam (1813-1853), fondatore delle “Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli” e ne divenne membro solerte per la promozione della carità materiale, che mai per lui doveva essere disgiunta dalla carità intellettuale e spirituale.

Sul posto di lavoro conosce e si innamora di una collega, Hildegard Straub, una giovane di A.C. con la quale si trova in profonda sintonia e con cui, non da ultimo, condivide l’avversione al Nazismo e la preoccupazione per gli sviluppi della politica nazifascista. Si sposeranno il 26 maggio 1942 e l’anno successivo nascerà il figlio Albert.

 

Nella lettera ai soci dell’A.C. nella Pentecoste del 1936, scrive: “Oggi possiamo constatare con quale entusiasmo, spesso con dedizione cieca, appassionata e incondizionata, le masse si votano ai capi. Il culto dei capi, che oggi sperimentiamo è spesso una vera e propria idolatria. Questa fede appassionata nei riguardi dei capi ci può meravigliare, dato che viviamo in un tempo di enormi conquiste della scienza e della tecnica, in un tempo di scetticismo, in un tempo nel quale il singolo non ha valore, ma vale solo la massa, il numero. Oggi, più che in qualsiasi altro tempo, si esige nell’Azione Cattolica un cattolicesimo vissuto. Oggi, si deve mostrare alle masse che l’unico capo che solo ha diritto ad una completa, illimitata autorità e ad essere il nostro ‘condottiero’ è Cristo”. Il grave pericolo spirituale oltre che politico che Josef individua è la seduzione che l’ideologia nazista vuol diffondere tra gli altoatesini, profondamente legati alla storia e alla cultura del Tirolo. La situazione precipitò quando il Fascismo impose la forzata italianizzazione: nacque allora il partito nazista sudtirolese che vedeva in Hitler e nell’affermazione del Terzo Reich l’unica via di salvezza per la cultura tedesca nell’Alto Adige. Mussolini e Hitler si accordarono affinché chi volesse mantenere la propria identità tedesca poteva trasferirsi in Germania entro il 31 dicembre 1942 e chi restava invece doveva italianizzarsi; l’80% della popolazione decise di andarsene; Josef non solo volle rimanere ma si attivò andando casa per casa per cercare di convincere la gente a rimanere in Italia per non diventare suddito dell’inumano e anticristiano regime nazista. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 l’Alto Adige cadde sotto il potere dei nazisti e Josef, assieme a tutti gli altri che avevano rifiutato di optare per la Germania, venne reclutato nelle SS. Dopo un viaggio estenuante di quattro giorni in un carro bestiame, giunsero a Konitz, in Prussia, alloggiati nell’ex manicomio cittadino trasformato in centro di addestramento per il combattimento e l’indottrinamento politico. Scrive alla moglie: “Due mondi si stanno scontrando. I miei superiori hanno mostrato chiaramente di rifiutare e di odiare quanto per noi cattolici vi è di più sacro e intangibile. Prega per me, Hildegard, affinché nell’ora della prova io agisca senza timori o esitazioni, secondo i dettami di Dio e della mia coscienza”.

 

Il 4 ottobre 1944 alle reclute venne chiesto di prestare il giuramento di obbedienza a Hitler. La recluta Josef Mayr-Nusser chiese di parlare e con voce emozionata ma decisa, disse: “Signor maresciallo io non posso giurare questo” e all’ufficiale incredulo che gli chiede il perché, rispose: “Per motivi religiosi”. Gli fu detto di mettere tutto per iscritto e sottofirmare. Di fronte allo sguardo stupito e terrorizzato dei commilitoni dice: “Se mai nessuno trova il coraggio di dire loro che non è d’accordo con la loro ideologia nazista, allora le cose non cambieranno mai”. Imprigionato in attesa

di giudizio, trascorre le giornate pregando, pelando patate e spaccando legna; quando glielo permettono scrive alla moglie Hildegard struggenti lettere di amore. Nel gennaio 1945 è condannato all’internamento nel campo di Dachau. Parte a bordo di un vagone bestiame di un treno che per dieci giorni fa sosta nel campo di concentramento di Buchenwald, dove avrà modo di rendersi conto con i propri occhi dello sterminio degli ebrei. Debilitato per la fame, i maltrattamenti, dalla dissenteria, febbricitante per la sete, dentro al carro bestiame che lo trasportava verso Dachau, Josef muore all’età di trentacinque anni, il 24 febbraio 1945 stringendo tra le mani il Vangelo, il Messale e il Rosario. Nel 1958 le sue spoglie furono traslate a Stella di Renon (BZ), dove riposano nella chiesetta di San Giuseppe. È in corso la causa di beatificazione.

I suoi ultimi momenti di vita sono stati descritti oltre trent’anni dopo da un ex soldato tedesco di nome Fritz Hacicher in una lettera alla vedova Hildegard in cui scrive: “Josef Mayr Nusser è morto per Cristo, ne sono certo, anche se me ne sono reso conto solo 34 anni dopo… Anche se non è molto che le posso raccontare, sono comunque convinto che ho vissuto quattordici giorni insieme ad un santo”.

Francesco Costa

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