Don Francesco Mottola (1901-1969)

Venerabile

 

Nasce a Tropea, in Calabria, il 3 gennaio 1901, da una nobile famiglia che gli sa trasmettere da subito la luce della fede cattolica, accolta da lui quale “perla preziosa”. Decide, perciò, di “vendere tutto” per possederla e custodirla in modo più pieno ed esemplare donando al prossimo quanto ha perché tale “perla” possa risplendere nel suo animo e tra la sua gente. Diventa sacerdote e parroco ed offre con slancio totalizzante tutto se stesso – volontà, cuore, intelletto acuto e luminoso – in una febbrile attività che nessun ostacolo, anche grave, riuscirà a fermare, slancio sintetizzato nelle sue parole “eccomi tutto”. Fonda e dirige il circolo culturale “Francesco Acri”, insegna materie letterarie nel Seminario di Tropea, è impegnato a vari livelli nell’Azione Cattolica, confessore straordinario e poi Rettore del Seminario di Tropea, fonda e dirige le riviste “Parva Favilla” e “Cor Cordium”. Fonda le Case della Carità, è scrittore incisivo e profondo. In tutte le attività don Mottola è diretto e sostenuto da un’idea pregnante: il sacerdote è un “Alter Christus” e deve vivere giorno per giorno, minuto per minuto, la sua “cristificazione”, “rimanere in alto trasfigurato con Cristo, discendere a valle per la carità” in un “viaggio sacro”, essere – come diceva – “certosino della strada”, vivere attivamente per gli altri coltivando intensamente il rapporto privilegiato tra il suo piccolo io, l’Amore e la Maestà di Dio.

È questo il rapporto che dilata le sue eccellenti doti umane, gli fa comprendere ogni miseria e gli consente di elevarla verso il Valore Supremo della vita. La preghiera è comunione con Cristo, sintesi vitale con Colui che può vincere il mondo; la contemplazione è povertà, è abbandono fino a raggiungere il vertice: la vita completamente inserita in Cristo. Nell’esplicazione di tale concetto don Mottola evidenzia tutte le sue capacità ascetiche quando dice insistentemente “preghiera, preghiera, non formula, ma preghiera, dimentichi anche di noi stessi in sintesi con Cristo”. Da questa intensa vita spirituale scaturisce il suo voto di Oblato del Sacro Cuore e poi la fondazione dei Sacerdoti Oblati e dei laici (uomini e donne) Oblati che si dedicano all’apostolato e alle “Case della Carità” da lui fondate, lucida profezia, questa, del grande valore della vita consacrata laica operante nel mondo. Don Francesco Mottola nutre una devozione particolare per Maria Santissima, la prima Oblata, e raccomanda ai suoi di rivolgersi a lei con fiducia filiale. A lei egli stesso chiede aiuto per la sua vita spirituale e protezione materna per le sue fondazioni, insegna alle prime Oblate a chiedere a Maria ”corpi sani e anime sante”. Poiché la santità è cammino verso Dio nella concretezza storica, don  Mottola ama e valorizza tutta la creazione, che canta con animo di fine poeta. Il contrasto tra le bellezze naturali che vede intorno a sé e i disagi in cui versa molta parte della sua gente lo spinge a “scendere in tutti i tuguri” per portare conforto spirituale e aiuti materiali. Desiderando fortemente conformarsi a Cristo immolato, il 15 febbraio 1942 emette il voto di vittima. Nel giugno dello stesso anno è colpito da emiparesi (aveva quarantuno anni) e per ventisette anni vive nella sofferenza quotidiana il suo “eccomi tutto”. Non si ferma, però, la sua attività spirituale e sociale: continua a dire di sé “io sono un povero viandante che va … e va”. Esperto e saggio direttore spirituale e richiestissimo confessore, non desiste e, malgrado la malattia, confessa ogni giorno nella Cattedrale di Tropea. Di lui scrive il sacerdote Ignazio Schinella: “chi conosce la scala di casa Mottola, può comprendere il sacrificio compiuto da un uomo così ammalato per non venir meno al suo impegno di donazione totale”. Don Mottola conclude la sua vicenda terrena il 29 giugno 1969 pronunciando serenamente, per l’ultima volta qui in terra, il suo “eccomi tutto”. La Chiesa ne riconosce le virtù eroiche e lo proclama Venerabile il 17 dicembre 2007.

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