Lieti di essere Chiesa dei poveri

 

Continua attraverso le pagine di questa Rivista la proposta tematica e formativa del Movimento Pro Sanctitate di questo anno: percorrere un itinerario di riflessione sulla preghiera ed entrare nella verità del rapporto con Dio attraverso quello che siamo, senza escludere nulla della nostra condizione umana dalla relazione con Lui. Saremo condotti in particolare a vivere la preghiera con atteggiamento di obbedienza, soprattutto nelle situazioni in cui la vita ci propone momenti difficili, tentazioni, cadute… sofferenza fisica o spirituale, e a volte anche l’assenza di Dio. È proprio in questi momenti che si percepisce la propria povertà, il valore della grazia divina e la necessità di pregare, di dialogare con Colui che può abbracciare ogni nostra paura con la sua infinita tenerezza. (cfr Adorazione Eucaristica p. 48) Il tempo liturgico di Quaresima e Pasqua ci aiuterà a vivere la preghiera anche come luogo in cui offrire e donare, in cui intercedere, farci carico dei bisogni altrui, dei bisogni della Chiesa. E farlo da poveri, farlo nella solidarietà della Chiesa. Due Giornate ci richiameranno ad una preghiera d’intercessione speciale: la XXVII Giornata della Gioventù, il 1 aprile, e la Giornata di Preghiera per le Vocazioni, il 27 aprile. Pregare perché siamo poveri, bisognosi di tutto, bisognosi di Dio. Poveri, poveri in Cristo, e quindi “sbilanciati”. L’accostamento tra povertà e stato di sbilanciamento sistematico in ogni persona che sceglie Cristo, lo ritroviamo proposto da Guglielmo Giaquinta nelle pagine dei suoi Scritti riportate in questo numero. Siamo aiutati a ritrovare il vero senso dell’essere cristiani nella Chiesa. Non ci sono conti che tornano, bilanci che si pareggiano, equilibri che soddisfano quando una creatura umana pone sul serio la sua vita sulle orme di Cristo. In Lui, oggi più che mai, in un tempo di crisi antropologica e, come spesso ricorda il Papa, di crisi della fede, diventa molto importante ridefinire la nostra identità di uomini, in una comprensione dell’uomo che dona senso, valore, autenticità alla vita proprio perché siamo amati, salvati, redenti, fatti creature nuove da Colui che è Amore infinito, smisurato. Siamo povera cosa, membri della Chiesa dei poveri, da cui nasce in noi il bisogno del ricorso a Dio. Ho innalzato i miei occhi verso la montagna, a Dio, da cui solo può venirmi l’aiuto (cfr Sl 123). Una povertà che ci apre alla preghiera e alla comprensione più profonda degli altri (cfr Scritti Fondatore p. 16). La figura di Carlo Gaetano Calosirto, santo napoletano, di cui ci viene presentato un breve profilo (cfr p. 9), conferma quanto la grandezza e il valore della vita cristiana passano attraverso le vie della semplicità, nell’abbracciare la strada come luogo dell’incontro con tutti e dove cercare la volontà di Dio. …Per le strade di Napoli povero tra i poveri con sempre indosso il suo unico saio così tanto rattoppato che affettuosamente i napoletani cominciarono a chiamarlo “Padre Centopezze” (cfr p. 10).

Se siamo Chiesa dei poveri la ricerca di gioia non coincide più con logiche di benessere, nell’avere tanto, nel raggiungere posti di onore o stati di equilibrio psico-fisico, nella eliminazione dei conflitti. La gioia si radica anche nello sbilanciamento delle nostre fragilità, ferite, infermità.

In verità egli portava le nostre infermità, si era caricato dei nostri dolori…” (Isaia 53, 4). “Non sono venuto a giudicare, ma a salvare il mondo”, ci dice Gesù! Lui è l’unico che può salvarci, guarirci… ma è necessario che noi gli consegniamo il nostro male. “Pregare da feriti” è trasformare il dolore in gioia, la rabbia in perdono, la paura in fiducia, la tristezza in dono di sé… (cfr Incontro giovani p. 34).

Eppure, proprio perché poveri e persone fatte per la vita piena, siamo sempre in attesa di buone notizie. Una è certa! L’annuncio gioioso della vita risorta in Cristo risuonerà come annuncio nuovo per tutti nei prossimi intensi giorni della celebrazione della Pasqua anche in questo anno 2012, avviatosi tra preoccupazioni economiche e sociali, proposte di sacrifici, speranze rinnovate. In qualsiasi condizione interiore o sociale ci troverà, di precarietà o di stabilità, di fiducia o di smarrimento, di sbandamento o di certezza, il messaggio pasquale verrà a riproporci la differenza, a ridirci che “la morte è vinta per sempre”, che il per sempre che si innesta nel qui e ora di questa storia, chiede a ciascuno di percorrere da povero e fiducioso il suo cammino di santità.

Mirella Scalia

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