Beata Dulce (Maria Rita) Lopes Pontes de Souza Brito

Testimoni di santità

Il suo nome di battesimo è Maria Rita. Nasce a Salvador di Bahia nel 1914; quando aveva sei anni sua madre è morta e le zie si sono prese cura della sua educazione. A 13 anni una di loro la porta a conoscere le zone più povere della sua città, fatto che risveglia in lei una grande sensibilità.
Dopo un periodo nel Terz’ordine Francescano, a 18 anni entra nella Congregazione delle Suore Missionarie dell’Immacolata Concezione della Madre di Dio, dove prende il nome religioso di Dulce, come sua madre, ed emette i primi voti all’età di vent’anni, nel 1934. Una delle ispirazioni per il discernimento della sua vocazione è stata la vita di Santa Teresina del Bambin Gesù: “Per quanto amore abbia nel mio piccolo cuore, è poco per un Dio così  grande”, ha scritto quando è entrata in convento. “Suor Dulce è nota in Brasile per la sua sconfinata carità verso i più poveri e i diseredati. È la ‘Madre Teresa’ brasiliana. Consacratasi al Signore, ottenne di potersi dedicare all’apostolato sociale nei quartieri poveri di Bahia. Promosse, a partire dal 1935, varie iniziative per la formazione dei poveri e per il loro inserimento nel mondo del lavoro. Nel 1939, ad esempio, inaugurò il collegio S. Antonio per i figli degli operai. Altrettanto fece con gli ammalati, dando vita a diverse fondazioni umanitarie, tra cui un ospedale per i più poveri della città. Fu una vera madre dei sofferenti”
(Card. Angelo Amato, beatificazione, 22 maggio 2011).
Presto partecipa all’apertura dell’Ospedale Spagnolo a Salvador, dove presta la sua opera come infermiera, sacrestana, portiera e responsabile del reparto radiologico. Poi si impegna per un progetto portato avanti con padre Hildebrando Kruthaup dell’Ordine francescano dei Frati Minori, suo padre spirituale.
“Si pensi che a soli 22 anni, la nuova Beata fondò il primo movimento cristiano operaio di Salvador, l’Unione Operaia S. Francesco e il Circolo Operaio di Bahia, la cui finalità era la diffusione delle cooperative, la promozione culturale e sociale degli operai e la difesa dei loro diritti. Alla sua morte, il cardinale di Bahia disse che con la scomparsa di Suor Dulce
la città era più povera e provava una specie di abbandono, perché era la migliore, la più santa, la più rappresentativa di tutti noi” (idem).
Sempre con il cuore vicino agli operai e pensando all’importanza del’istruzione, suor Dulce ha fondato – come già ricordato – il Collegio Sant’Antonio, che è stato inaugurato ufficialmente nel maggio 1959 con 150 posti letto e attualmente riceve 3.000 pazienti al giorno; nell’ospedale si organizzano corsi di giorno per i figli dei lavoratori e corsi serali per adulti. Nel 1959 nascono le Opere Sociali di Suor Dulce (Obras Sociais Irmã Dulce, OSID), fondazione considerata una delle istituzioni filantropiche più considerevoli al mondo: oltre 2300 collaboratori e 600 volontari in Brasile e altrove. Inoltre l’ospedale Sant’Antonio diventa negli anni il centro di un polo sanitario, educativo e sociale tra i più importanti del Paese. Ricordiamo che nel 1979 il Paese riceve l’allora Madre Teresa di Calcutta beatificata nel 1992. Negli ultimi 30 anni di vita, la salute di suor Dulce era molto debilitata.
Aveva solo il 30% della capacità respiratoria. Nel 1990 inizia a peggiorare, e per 16 mesi resta ricoverata in ospedale, dove ha ricevuto la visita del beato Papa Giovanni Paolo II, con il quale aveva avuto un’udienza privata dieci anni prima.
Viene poi trasferita al convento di Sant’Antonio, dove muore il 13 marzo 1992.
“L’amore supera tutti gli ostacoli, tutti i sacrifici”, diceva suor Dulce. Nel suo lavoro di carità, Suor Dulce spiccava soprattutto per la sua estrema spiritualità, “nutrita dall’Eucaristia, dalla preghiera, dalla Parola di Dio e dalla devozione a Nostra Signora”. “La fiducia nella Provvidenza Divina che le si manifesta in diverse occasioni, e molte volte in maniera sorprendente, non le portava mai disagio nell’estendere le mani per chiedere aiuto per saziare la fame di pane e di salute di coloro che la cercavano, e la incoraggiava a seguire avanti vedendo in ogni sofferente Gesù Cristo stesso”.

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