Uno+Uno: L’amore che ci unisce (G.E. n 140-146)

Giugno 2019



Continuiamo a proporre testi di riflessione per sostenere la crescita personale e l’animazione di incontri comunitari.





Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me“. (Gv 17, 20-22)

La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità“. (Rm 12, 9-13)

Il passato, il futuro, la cultura, la mentalità, la civiltà della santità. Una civiltà della santità dove le singole mentalità diventano mentalità diffuse: non più solo io, non più solo tu, non più solo un altro, ma tutti insieme, santi insieme.
(Guglielmo Giaquinta)

Qual è il grado dell’amore? È quello, esemplare, di Cristo: come Cristo ha amato il Padre fino a compiere perfettamente la sua volontà e a morire in croce, come Cristo ha amato i fratelli fino al punto di morire per essi, anche noi dobbiamo amare così. Nasce quindi la dialettica del massimo, verso il Padre, verso i fratelli; nasce il concetto di Cristo nostra causa esemplare che ci unisce a sé, che ci inserisce nella Trinità, che deve dettare la legge della nostra carità, del nostro amore verso Dio e verso la gente. In che modo dobbiamo amare Dio, in che modo dobbiamo amarci tra di noi? Ecco la parola caratteristica, la pietas, quel rapporto di parentela profonda, quel rapporto intimo, familiare verso Dio Padre e verso i fratelli che nascono nel medesimo focolare, nella medesima casa; tutti fratelli, figli del Padre. Questa è la realtà della communio soprannaturale. Se noi comprendessimo queste cose, se comprendessimo che tutti quanti noi siamo chiamati a questa communio, impareremmo ad amare il Padre e ad amarci tra noi. Se comprendessimo che in fondo, quando parliamo di santità, non parliamo altro che di queste cose, avremmo tutto un altro rapporto tra noi e con il Signore, e veramente ci sforzeremmo di amare Cristo, la Trinità che dimora in noi e in Cristo Gesù, nell’Eucaristia. Nella Trinità troveremmo i nostri fratelli e li ameremmo; sono brutti, sono belli: c’interessa? La realtà più profonda è che in loro c’è Cristo, c’è la Trinità; questa è la realtà, qui si fonda l’amore, la carità. … Dobbiamo riuscire noi a diventare solidali, ad accettare in pieno tutte le conseguenze, tutte le esigenze della carità. Leggete il capitolo 13 della Lettera ai Corinti che è fondamentale: charitas benigna est … Ecco tutte le esigenze della carità, cioè della donazione; ecco il cemento che ci deve fondere in unità per riuscire a diventare solidali con gli altri, così come Cristo è riuscito a diventare solidale con gli uomini, fino a diventare come loro, fatto in tutto simile ad essi tranne che nel peccato. Cristo è diventato solidale con noi, così noi dobbiamo essere solidali con i fratelli. Parlando in generale, si deve essere solidali in tutte le esigenze spirituali e materiali, perché i cristiani, è bene non dimenticarlo, devono essere solidali con i fratelli in tutto, sia materialmente che spiritualmente.
(La communio, Guglielmo Giaquinta)

Il termometro dell’amore di Dio è l’amore del prossimo: amiamo dunque quanti attorno a noi por tano nel loro essere l’immagine del Signore. L’amore del prossimo è fatto di comprensione, di dolcezza, di pazienza, di generosità: è amore che non giudica, non maligna, non mormora, non calunnia; che sa compatire e scusare il debole che cade, pur condannando il peccato e guardandosi da chi vuole nuocere; sa aspettare e sperare con sano ottimismo e non spezza la canna incrinata né spegne il lucignolo fumigante. È amore che non osserva solo le grandi linee, cura il dettaglio con delicatezza materna e che tutto dà – Gesù ha dato la vita – e a tutti si estende – Egli ha perdonato sulla croce. È amore che è compassione affettiva ed effettiva per chi soffre e dolora, che è gioia per chi della gioia sente il bisogno. È amore, soprattutto, che è irradiazione dell’amore divino. Fare del bene a tutti, lasciare in tutti una traccia Dio, specie in chi ne ha più bisogno: questa è la perfetta dell’amore ed è contemporaneamente l’espressione più bella dell’apostolato. È evidente che il modo più concreto per amare Dio, quindi per attuare il piano della santità, è l’amore per il prossimo.
(La carità ci spinge, Guglielmo Giaquinta)

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