Sant’Oddone di Cluny

Il santo del mese - 18 novembre 2014

Un Abate benedettino di più di 11 secoli fa, cosa può dire al cristiano di oggi? Oddone di Cluny, nato verso l’anno 880, era di famiglia appartenente all’aristocrazia feudale. Ancora adolescente – è lui che lo racconta al suo biografo Giovanni l’Italiano – ebbe una esperienza mistica: durante una veglia di Natale si ritrovò sulle labbra, a dispetto della sua vita che sembrava votata all’esercizio delle armi e del potere feudale, una improvvisa e sentita preghiera alla Vergine: “Mia Signora, Madre di misericordia, che in questa notte hai dato alla luce il Salvatore, prega per me. Il tuo parto glorioso e singolare sia, o Piissima, il mio rifugio”. Prima ancora di pronunciare i voti, cominciò ad osservare la Regola di San Benedetto. Entrò poi come monaco nella Abbazia di Baume, e dopo pochi anni in quella di Cluny, di cui divenne Abate.

Sono gli anni in cui, a partire da questa abbazia benedettina in territorio francese, si sviluppa un potente moto riformatore: dell’ordine benedettino, cui tanto deve la cultura europea, ma anche dell’intera Chiesa latina. Gli storici parlano di questo movimento definendolo proprio “riforma della Chiesa”.

L’azione riformatrice si propone in primo luogo una più piena e severa osservanza della Regola, rilassatasi nel corso dei secoli, anche a causa dell’esercizio del potere connesso all’enormità dei patrimoni ecclesiastici e monastici. Oddone sarebbe potuto diventare uno dei tanti Abati commendatari, che ricevevano la rendita di una o più abbazie senza neanche visitarle: all’epoca, insomma, le abbazie erano molto simili a un feudo temporale.

Invece, Oddone si stabilisce a Cluny; studia e prega, abolisce ogni “dispensa” che indebolisca la serietà dei voti monastici. Scrive anche un poema, la “Occupatio”, ispirato alla Bibbia. Occupatio, essere occupati, cioè il contrario dell’ozio. In breve tempo la sua autorità morale si impone sempre più in diverse Abbazie, e non solo in Francia ma in tutto l’occidente europeo.

Ecco come commenta la “riforma cluniacense” uno storico del Medioevo: “che cosa provocò ben presto tanto nuovo slancio e fece di Cluny l’esempio tangibile della città di Dio realizzata temporalmente? Tale quid misterioso sfugge allo storico il quale può soltanto elencare le manifestazioni molteplici di esso… lo studioso non potrà mai spiegare il perché di quella originalità, che affonda le sue radici sia nei disegni provvidenziali che nella libertà dello spirito umano, creatore di un mondo di valori sfuggente ad ogni calcolo preventivo ed a qualsiasi determinismo… è certo che ci muoviamo in una atmosfera di pura spiritualità e di alto sentimento religioso; non sono contingenze politiche, non interessi economici, non intrighi personali che possono darci la chiave del segreto di Cluny, della sua forza espansiva, della sua azione apostolica”. (Paolo Brezzi, La Civiltà del Medioevo Europeo, Eurodes, 1978).

Accade però quel che sovente accade nella storia. La riforma spirituale dà luogo ad una vigorosa ricaduta sul piano concreto: rinasce, insieme ad una nuova vita spirituale, anche una materiale, e intorno ai monasteri sorgono aziende agricole e artigianali che determinano significativi progressi economici e culturali. Una delle chiavi che possono spiegare il successo di Cluny è certamente la “Commendatio Sancti Petri”: con essa, i monasteri vengono esentati da qualsiasi giurisdizione episcopale e sono soggetti solo a Roma. In piena epoca feudale, sottrarsi alla potestà episcopale significa essere indipendenti dalla politica: i Vescovi sono infatti dei feudatari pienamente inseriti nella logica e nelle vicende del potere politico ed economico, di cui sono un protagonista essenziale e determinante.

La riforma fa invece riscoprire, e non solo ai monaci ma sempre più a tutti gli ecclesiastici, le caratteristiche spirituali che sono la base dell’esistenza della Chiesa, trascurate talvolta nel più dichiarato dei modi.

“Sant’Oddone è stato una vera guida spirituale sia per i monaci che per i fedeli del suo tempo. Di fronte alla “vastità dei vizi” diffusi nella società, il rimedio che egli proponeva con decisione era quello di un radicale cambiamento di vita, fondato sull’umiltà, l’austerità, il distacco dalle cose effimere e l’adesione a quelle eterne…

Era austero, ma soprattutto era buono… Oddone, così ci dicono i suoi coetanei, effondeva intorno a sé la gioia di cui era ricolmo. Il suo biografo attesta di non aver sentito mai uscire da bocca d’uomo “tanta dolcezza di parola”. Era solito invitare al canto i fanciulli che incontrava lungo la strada per poi far loro qualche piccolo dono e, aggiunge il biografo, “Le sue parole erano ricolme di esultanza… la sua ilarità infondeva nel nostro cuore un’intima gioia”. In questo modo il vigoroso ed insieme amabile abate medioevale, appassionato di  riforma, con azione incisiva alimentava nei monaci, come anche nei fedeli laici del suo tempo, il proposito di progredire con passo solerte sulla via della perfezione cristiana” (Benedetto XVI, Udienza generale, 2 settembre 2009).

 

Di interesse tutt’altro che secondario è la devozione di Oddone all’Eucaristia: tre secoli prima della definizione del dogma della transustanziazione, egli scrive nella sua opera “Occupatio”: “Dio, il Creatore di tutto, ha preso il pane, dicendo che era il suo Corpo e che lo avrebbe offerto per il mondo e ha distribuito il vino, chiamandolo suo Sangue”; ora, “è legge di natura che avvenga il mutamento secondo il comando del Creatore”, e quindi “subito la natura muta la sua condizione solita: senza indugio il pane diventa carne, e il vino diventa sangue, la sostanza si muta”.

“Purtroppo, annota il nostro abate, questo “sacrosanto mistero del Corpo del Signore, nel quale consiste tutta la salvezza del mondo” è negligentemente celebrato. “I sacerdoti, egli avverte, che accedono all’altare indegnamente, macchiano il pane, cioè il Corpo di Cristo”. Solo chi è unito spiritualmente a Cristo può partecipare degnamente al suo Corpo eucaristico: in caso contrario, mangiare la sua carne e bere il suo sangue non sarebbe di giovamento, ma di condanna”. (Benedetto XVI, ibidem)

Distacco dal mondo (cfr Gv 15, 19), gioiosa speranza, forte consapevolezza della centralità dell’Eucaristia fondamento della Chiesa; operoso, continuo ed efficace servizio di carità; potente influsso di civilizzazione, di umanizzazione del suo tempo e di quelli futuri. C’è davvero da chiedersi se Sant’Oddone da Cluny possa dire qualcosa al cristiano di oggi?

“Tutto questo ci invita a credere con nuova forza e profondità la verità della presenza del Signore.

La presenza del Creatore tra noi, che si consegna nelle nostre mani e ci trasforma come trasforma il pane e il vino, trasforma così il mondo”. (Benedetto XVI, ibidem).

Storia degli uomini, storia di Dio: la Chiesa lo venera nell’anniversario della sua morte, il 18 novembre 942.

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